Roma: sventato importante traffico internazionale di cd legali provenienti dal Canada «I canadesi The Constantines, in arrivo in Italia per una serie di concerti dal 18 al 24 Novembre, in seguito ad un controllo di frontiera, volto probabilmente alla ricerca di sostanze stupefacenti, sono incappati nella confisca di oltre 500 tra CD e LP, rei di non essere contrassegnati con l'italico bollino SIAE. Nonostante il gruppo abbia dichiarato che tutti gli obblighi sul diritto d'autore fossero stati assolti negli Stati Uniti, di fronte alla legge italiana sono stati trattati come dei venditori, od ancora peggio dei produttori di cd abusivi o contraffatti. Oltre a trovarsi senza i loro dischi, la cui vendita serviva a finanziare il loro tour europeo, si sono visti sanzionare con un procedimento giudiziario sia penale che amministrativo (una multa che può oscillare tra i 54.000 e i 550.000 Euro, 108.000 se accettano di pagare subito senza arrivare al processo). Beh andategli a spiegare adesso ai Constantines le leggi che governano il diritto d'autore in Italia. Mica l'hanno capito che i soldi del bollino SIAE dovevano servire per tutelare gli interessi degli autori (cioè i loro). E la SIAE partecipa al Mei "...con una serie di importanti iniziative, volte a riaffermare la presenza della Società a fianco delle produzioni indipendenti...."» (fonte: Audioglobe)
«Stuart, you've got to help me fix this. Help me» Se l’argomento interessa ancora (lo so che è soooo fifteen days ago), sull’Observer Music Monthly di domenica scorsa c’è una notevole intervista “insieme” a Madonna e Stuart Price/Jacques Lu Cont, in cui lei è persino simpatica. |
It might be a different story So che c’è da non crederci, ma il mio dj electro preferito al mondo mi rivuole con sé a suonare i dischi giovedì prossimo. Allora forse è vero che «I know - you gonna want me, but when you want me, it might be a different story». Giovedì prossimo, si diceva. Cioè dopodomani. Al Fluido di Torino, che qualcuno mi suggerisce essere «sulla coda dei Murazzi che arriva sotto Porta Nuova» mentre altri sostengono stare «al Parco del Valentino». Boh? Comunque dovrebbe essere in viale Cagni 7, in pieno centro di Torino. Ingresso libero per tutta la notte. Noi si è lì dopo le 23, ma prima se ho capito bene ci dovrebbe essere Johnson Righeira (si, quel) che sonorizza l’aperitivo. [ho capito male: a sonorizzare l'aperitivo c'è Roby Vitari dei The Art Of Zapping] Accorrete numerosi. Non garantisco sui ricchi premi, ma garantisco sui cotillons e sull’ampio parcheggio. |
Si faccia cinque domande e si dia cinque risposte (al limite anche incrociandole tra loro) Cinque domande (e relative risposte) al curatore di questo blogghetto, sul blogghetto di Jukka/GDM. |
La virtuosa indignazione della domenica A me, ogni volta che leggo o sento le parole «Mattafix» e «primi Massive Attack» all’interno della stessa frase, mi si gonfiano le vene del collo. |
The Early Winter Podcast: I am a walking disaster (qui) AMARI, Conoscere Gente Sul Treno (A Little Bang*altered version) TIEFSCHWARZ with MATTY SAFER, Warning Siren FLASH AND THE PAN, Waiting For a Train HEADMAN, Upstart M-BASIC, Ok. Run MAGNIFIQUE, Magnifique pt.1 CHEMISE, She Can’t Love You
Un po’ mi dispiace, perché alla Summer Podcast Disco messa online lo scorso agosto mi ci ero affezionato davvero. Ma il tempo passa, è autunno inoltrato, cambiano i dischi sugli scaffali, cadono le foglie dai rami degli alberi, insomma ‘sto genere qui di cose stagionali. Mi dispiace anche perché a risentirlo ora questo scintillantemente nuovo Early Winter Podcast è venuto fuori una cosa un po’ tristanzuola, malinconica e piena di memorie d’adolescenza del compilatore (Waiting For a Train è uno dei miei pezzi preferiti d’ogni tempo e luogo e quando lo scorso anno l’ho trovato in un negozio dell’usato a Camden a sole quattro sterline ho quasi pianto di commozione. M-Basic è un rare groove da pelle d’oca di tamarraggine cologno monzese, epoca early-PopCorn, dietro il quale si cela... beh, avete presente l’ultima Isola dei Famosi? Ecco). Alune note: Magnifique è italo-disco fatta a Colonia nel 1979 ed è stato appena ristampato in una raccolta della Compost (ci ho messo mezz’ora a ricordarmi dove l’avessi già sentito, infatti era stato campionato l'anno scorso su un 12” del giro Metro Area). Warning Siren di Tiefschwarz ospita Matty Safer dei Rapture alla voce e mi sfugge perché non sia ancora diventato una hit sotterranea, mentre gli Amari sono gli Amari (e soprattutto era ormai già una settimana che non parlavo benissimo di qualcuno della Riotmaker). |
In effetti ai tempi ci avevo abbastanza preso, nonostante a fare le previsioni sul successo dei gruppi non ci azzecchi quasi mai (sono l’uomo che dopo aver ascoltato per la prima volta Elephant dei White Stripes disse: «bello, ma manca il singolo»). Ora: non saprei dire se il concerto di ieri sera a Milano sia stato propriamente riot. Di certo “gente che canta in coro le parole delle canzoni” è molto riot, specie per gli standard del nostro paese. Loro sono carucci, bravucci, divertentucci: qualunque aggettivo positivo applicabile ad una rock’n’roll band vi venga in mente, viratelo in “ucci” e starà a pennello appiccicato ai Kaiser Chiefs. Che non fanno miracoli nè sfuggono alla sensazione di recitare un copione nato già vecchio (ora il santino imprescindibile sembra essere quello dei Buzzcocks), ma ci mettono del loro un’interessante dose di faccia di bronzo e buona volontà. Ahimè, l’80% abbondante dello show poggia sulle spalle dell’educatamente istrionico frontman - con il glamour dell’orgoglio pezze-al-culo (genere: so-why-don’t-you-kill-me?), assai tenero quando si scaglia giù in platea a nuotare sulle teste dei fan nonostante il servizio d’ordine nazi-gabber provi a trattenerlo (ma dove siamo? ma s’è mai visto?) per la cintura, ma lui no, vuole ricongiungersi con il pulsante mare magnum dei fan e così farà. Certo: l’eccitante qualifica di nuoviblér concepita contestualmente all’ascolto del disco sembra francamente un po’ esagerata. Ma del resto: quanti ai tempi di Leisure e relativo tour si sarebbero aspettati Parklife e relativo tour?
Bravi ai Maximo Park, che hanno aperto per loro e che però sembrano per certi versi parecchio più scafatelli nell’arte di non sembrare capitati per caso sopra (anziché sotto) il palcoscenico, e se scrivessero tutte canzoni buone come le tre o quattro realmente buone che hanno (strozzate, sincopate, sputate fuori in fretta alla Smiths di This Charming Man) sarebbero già quasi eterni. |
Ehi, vuoi entrare anche tu nella storia della musica moderna? Vuoi che tutto il mondo ascolti un tuo rumore? Chiama subito! Al costo di una semplice telefonata in Germania (letariffevarianoasecondadeisingolioperatori) potrai lasciare il tuo rumore nella segreteria telefonica di MatthewHerbert e finire dentro il suo prossimo disco!
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To add extra intrigue to this task you must under no circumstances state, or give any indication as to what the sound is. Should you believe that your contribution is worthy enough of credit and acknowledgement then you should email us (dan@k7.com), and your musical contribution will be duly noted.»
Attenzione però: questa fantastica offerta è valida solo fino al prossimo ventinove novembre! (giorno in cui questo blogghetto compie un anno, che simpatica coincidenza) |
L’unica differenza sostanziale è che il cugino del batterista dei Bloc Party non è mai stato sindaco di Sanremo Per dire l’attenzione con cui ai tempi ho ascoltato il disco dei Bloc Party. Di questa cosa me ne sono accorto soltanto sabato notte sentendo Sergio Messina che lo suonava alla radio: Two More Years dei Bloc Party ha delle stranissime somiglianze con Elettrochoc dei Matia Bazar. E visto che lo so che siete dei malfidati peggio di San Tommaso, mi è toccato trovare il disco dei Matia Bazar per poter mettere i due pezzi a confronto qui. |
Come dire: lo stesso brodino di pesce da Boeucc oppure alla Trattoria da Gigetto Dopo due anni di no-wave, psichedelia norvegese ed oscure b-side della DFA, Bumrocks mblogga Private Investigations dei Dire Straits. E sapete una cosa? Non era mica così male, come pezzo.
Sulla stessa linea: Perché ascoltate online una dopo l’altra su WFMU di New York Grease di Frankie Valli e Johnny And Mary di Robert Palmer sembrano perfino una figata, mentre su Radio Capital uno cambierebbe canale? (UPDATE: stanno passando Bruce Springsteen. Se il prossimo è Elton John giuro che spengo e guardo Mentana a Serie A) |
Il tempo è venuto, e il tempo a quanto pare è oggi a
Qualche settimana fa, a Londra, alla bottega degli usati compro per due sterline il promo-cd del nuovo mix-album degli Optimo, Psyche Out. Qui sul blogghetto gli Optimo sono da tempo immemorabile considerati poco meno che degli eroi nazionali. Principalmente per come sanno cogliere una vera continuità (e non solo indicare un occasionale cortocircuito) tra passato e presente della musica, e all’interno di questo tunnel aperto tra le pieghe del tempo trovare un filo conduttore che - incidentalmente - a posteriori risulta visceralmente disco nel senso Grasso-Mancuso-Levan del termine.
Ma questo adesso non c’entra nulla. Era solo per dire che quel che Psyche Out ammansisce sono settanta minuti di corrieri cosmici meet acid house meets Throbbing Gristle meet soul-funk meets new-wave. Un polpettone enciclopedico, yes. Immaginate uno Scaruffi che tratta la musica come materia viva anzichè come un esercizio di autopsia retorica, e in più immaginatelo assemblarla con tecniche “da dj” di mixing, morphing, cutting etc. Ecco, Psyche Out è più o meno così.
Ma non era nemmeno questo che volevo dire. Quello che volevo dire è che il penultimo pezzo del cd è una canzone dei Chambers Brothers intitolata Time Has Come Today. Databile, anche solo a orecchio, attorno alla fine anni Sessanta, genere soul-che-curiosamente-si-sposta-verso-il-rock-psichedelico. «Oddio la conosco» mi dico appena la sento. Ci ho messo un po’ (with a little help from my google) a ricordarmi dove, ma in effetti, si, la conoscevo. Pazzesco: quella che mi ricordavo era la versione - ascoltata attorno al 1987/88 - fatta da una one-man-band chiamata My Dad Is Dead in una compilation doppia della Homestead intitolata Human Music della quale ricordo anche gli Yo La Tengo che rifacevano Somebody’s Baby di Jackson Browne e un pezzo liquidissimo intitolato I’m In Heaven Now fatto da non mi ricordo chi.
La morale della favola è che: per me fino a oggi Time Has Come Today era a tutti gli effetti una canzone di My Dad Is Dead [«e tu...», ok ok, «e tu saresti un esperto di musica?», ok, ho detto ok]. E questo da un lato rallegra, perché dimostra come anche da vecchiazze si possa non smettere mai di trovare ragione di meravigliarsi e guardare al mondo con occhi di bimbo, e dall’altro mostra come quello relativo al consumo della musica non sia mai un tempo a scorrimento lineare, ed è questo il suo bello. Scoprire per caso in un vecchio disco un sample usato da un pezzo di successo di oggi, ad esempio, per me rimane una delle epifanie migliori che si possano sperimentare in questa vita. Oppure, come mi dico sempre: dovessi mai conoscere Marc Almond (e la scorsa estate ci sono andato vicino) la sola cosa che vorrei dirgli è che la prima volta in vita mia che ho ascoltato Hey Joe e Purple Haze di Jimi Hendrix era nell’ep in omaggio con la prima edizione di The Art Of Falling Apart dei Soft Cell. E per me - nel profondo del mio proencefalo, laddove la natura vince su qualunque cultura - quella rimane la versione originale.
E comunque: My Dad Is Dead. Era una curiosa bestia, una strana quadratura tra Wall Of Voodoo e Husker Du, se una era possibile immaginarne. Psycho-wave abbastanza dura e low budget, incorniciata da una voce ruvida ed emo. Non ne è rimasta traccia al mondo, tranne che ovviamente in rete (ma di questo non mi stupisco più, dopo che la settimana scorsa ho trovato un sito ufficiale degli Algebra Suicide). Insomma, lo trovate qui insieme a una valanga di pezzi da scaricare (se posso consigliare: Anti Socialist II dall’album con la copertina rossa che adesso non mi ricordo come si chiama), e addirittura un blog, abbastanza aggiornato. La sua versione di Time Has Come Today finisce nella colonna di destra, mentre L’originale dei Chambers Brothers lo lascio alla bontà del vostro soulseek preferito (occhio che c’è una vertiginosa versione “long” che dura oltre i dieci minuti con assolo di batteria di tre minuti e mezzo). |
Scavicchi ma non apra La settimana prossima al Royal College of Art di Londra inaugura la tredicesima edizione di una mostra piuttosto divertente la cui dinamica - specie negli ultimi tre anni di hype - ricorda sinistramente i pacchi di Rai1. E, riguardo al discorso sul sistema-dell'-arte-che-cortocircuita-sè-stesso, suscita tra i critici d'arte indie dibattiti non così diversi da quelli di “Rockpolitik ultimo baluardo della libertà d'espressione”. (Io Donna) |
«La maglietta di lana tesoro, che lì sul palco fa freddo» a
Uno strepitoso servizio pubblicato da Life nel 1971, ritrovato assolutamente per caso in rete, oggi pomeriggio, cercando (come spesso capita) tutt’altro. Il mio preferito, a parte il Joe Cocker riprodotto qui sopra, forse è Frank Zappa.
PS: nel caso qualcuno di RS Italia passasse di qui e si facesse venire strane idee, don’t waste your time: XL ha acquistato i diritti un’ora fa... ;-) |
Ma che dico mesi, anni. Ma che dico anni: avevo completamente dimenticato il significato della parola “ridere” Erano mesi che non ridevo come stamattina, sul tram numero diciannove, leggendo qua e là passi scelti di un libro nel quale molti favourites (welshcoepalaniuklethemmoodyetcetcetc) ed un sacco di altri raccontano le elaborate surreali umiliazioni cui sono incorsi - in diversi stages della loro carriera di scrittori - in occasione di pubblici reading e presentazioni dei loro libri. Pare che ritrovarsi di fronte a platee composte da due umarells e un’inviata della rivista online degli studenti superiori zai.net (esiste, esiste...) non sia solo una prerogativa degli sfigati e dei debuttanti.
Il che mi fa venire in mente - ma in realtà sono anni che ci penso - che se solo la categoria “dj” (intendendo la media della categoria) fosse in grado di articolare dei pensieri su di sé ed esprimerli in forma appena più complessa di «cioè, figata» sarebbe divertentissimo fare un lavoro simile riguardo alle “serate andate male”. Una delle migliori me la raccontò Michael Reinboth (non a caso: uno in grado di suonare dei gran dischi ma anche di interrogarsi sull’esistenza di dio), quando lui e Dorfmeister vennero pagati a fine serata dal promoter cocainomane con due ingombranti e pesantissime maschere africane in legno e la promessa che il resto del cachet (due scudi dipinti con i colori di guerra Masai?) sarebbe arrivato la mattina dopo. Seh.
Phil & Nancy, praticamente Tenetevi forte. Qui c’è uno che ha riassunto in 11.500 battute la storia dei Genesis post-Gabriel (roba che manco Scaruffi), inclusa una selezione di pezzi esplicativi da, piratescamente, downloadare. Al di là del fatto che conoscere un po’ di basi a certuni che si fanno belli del loro hard-disc pieno di Jamie Lidell e Lightning Bolt (sto parlando con te, loserino) farebbe solo bene, si segnala - nei commenti al post - un interessante tentativo di free climbing sugli specchi per dimostrare che, sì, i Genesis furono influenzati dal punk.
«I always heard the less intricate and harder-driving sonics of Abacab as the band’s acknowledgement that they had heard a few things from, if not punk per se, some of its artier offshoots. (...) And of course the shift to more conventional song structures paralleled punk’s move toward simplicity, away from the wedding-cake suites of prog. Not that I’m claiming this is their “punk” album or anything.» |
Talking to the daughter-in-law to let the mother-in-law understand Escluderei che l’Italia sia col fiato sospeso al riguardo, ma segnalo comunque che - nonostante i comunicati stampa raccontino un’altra storia - il gestore del presente blogghetto non sarà presente né in corpo né in spirito all’incontro pubblico con autori di libri musicali sul tema: “Scrivere di musica è come danzare di architettura?” in programma a fine mese al MEI. |
Born sleepy Venerdì sera - l’ho sentito con le mie orecchie - Karl Hyde al telefono con Pete Tong su BBC1 ha detto che lunedì (cioè oggi) sullo storico sito degli Underworld dirty.org ci sarebbe stata la rivelazione del suo nuovo progetto post-Underworld e due tracce in libero download. Io ho messo appositamente la sveglia alle sette, stamattina, ma al momento ancora nulla. |
Suddenly last summer Ops, mi accorgo giusto ora che due giorni fa XL Online ha pubblicato la versione integrale dell'intervista a Offlaga Disco Pax della quale una minima parte era stata utilizzata il mese scorso, nell'edizione cartacea, per il pezzo sui “marziani italiani" (vd. colonna qui sulla sinistra).
L'intervista la facemmo ad agosto. Sembrano già passati anni. |
Uno è un personaggio dei fumetti. L’altro - posso ora affermare con cognizione dopo averlo visto in azione fino a circa mezz'ora fa ai Magazzini Generali - invece pure. La foto qui sopra non rende giustizia all’immenso Trentemøller. Dal vivo Egli è assai più largo, una sorta di rotondeggiante prosciutto antropomorfo con un Mocio Vileda di capelli neri appoggiato sul cranio che gli scende fin davanti agli occhi. Egli troneggia su qualunque consolle e da lì diffonde il verbo della minimal-techno. Egli però non suona i dischi: i dischi li suona un mite diggeietto dalle ridotte dimensioni che Egli si porta appresso dalla natia Danimarca. Egli, invece, smanetta una groovebox che spesso e volentieri gli si inceppa, ma il pubblico pensa che sia un imminimalirsi della techno di cui Egli è profeta, e lo applaude ancora più forte.
(Ho visto applausi, e urla, e richieste di autografo - questa sera per Trentemøller - che in proporzione Vasco Rossi ci avrebbe fatto la figura di uno che non se lo caga nessuno. Viviamo in uno strano paese, vero?)
Trentemøller cinque giorni fa ha pubblicato un nuovo 12” intitolato - che amore! - Serenetti. Dei 12” che Egli periodicamente pubblica, in rete si trovano descrizioni tipo questa che vado a ricopiarvi: «Kicking off with crackling minimal rhythm patterns, Trentemøller layers on more and more sounds and instruments which fall into place perfectly while seeming to be dangerously non-compatible at the same time.» Capito? Strati di suono che «si incastrano perfettamente l’uno nell’altro pur sembrando allo stesso tempo pericolosamente non compatibili». Secondo me è qui- in quel “pericolosamente” - che Trentemøller e Tiramolla si ricongiungono. Io me lo ricordo Tiramolla: era uno schizofrenico come nemmeno Norman Osborne a.k.a. Goblin. Aveva quella faccia da bonaccione ma era un iracondo di prima, ed uno stronzo vendicativo come pochi.
In un mondo ideale Trentemøller sarebbe fidanzato con Miss Kittin e insieme farebbero dei bambini bellissimi. (Anche se: forse in un mondo ideale io sarei fidanzato con Miss Kittin e insieme faremmo dei bambini bellissimi). Non viviamo in un mondo ideale, ma se può valere come consolazione ancora per un paio di giorni qui, cioè su Breezeblock di BBC Radio1, trovate un (breve) dj-set di Trentemøller in streaming. |
Wasted afternoon, più che altro Sembrano gli Stranglers, ma non sono gli Stranglers. Dunque chi accidenti sono gli urban-punks che fanno da colonna sonora al nuovo spot Golia Activ Plus che ho visto di sfuggita ieri sera? La scheda di Pubblicità Italia dice che si chiamano “Waisted Future”, anche se più probabilmente sarà Wasted Future (senza la “i”), e non è nemmeno escluso che questo sia il titolo del pezzo e non il nome del gruppo. Risparmiatevi una googlata a vuoto: l’unica canzone dal titolo Wasted Future menzionata in rete è questa. Per un attimo ho anche pensato a Wasted Life degli Stiff Little Finger, ma dopo averla riascoltata non mi pare proprio. |
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lifetime to stream them if you run
on 56k) offered for a limited time
and for evaluation purposes only.
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