Future Pilot AKA: Wild Thing dei Troggs è l’equivalente pop dell’uomo delle caverne
 

di: Fabio De Luca

Il fatto che Sushil K. Dade a.k.a. Future Pilot A.K.A.: (sembra un gioco di parole, e probabilmente lo è) sia stato membro attivo dei Soup Dragons e dei BMX Bandits - rispettivamente geniale band di transizione dalla psycho-indie di fine Ottanta all’indie-dance dei primi Novanta e molto meno seminale successiva formazione indie-revival - è una di quelle informazioni che ti capita di leggere da una una parte o dall’altra, e che sembrano fatte apposta per essere dimenticate subito dopo averle lette. Fino al giorno in cui ti fermi a riflettere, e ti rendi conto che quello strano tizio che taglia e cuce nastri di borborigmi dal suono intestinale e free-jazz di estrazione art-rock, che definisce Ravi Shankar e Lee "Scratch" Perry i più grandi geni nella storia della musica, è lo stesso che provava a reinventare il punk nell’epoca meno punk-friendly della storia. Il suo nuovo disco, il terzo come FPAKA, Tiny Waves, Mighty Sea, cerca di far quadrare il cerchio tra la musica tradizionale indiana (Sushil è uno "scottish-indian", nato a Glasgow da genitori immigrati di prima generazione), il folk scozzese ed il guitar-pop più cristallino. Esce per la neonata Geographic, l’etichetta coordinata da Stephen McRobbie dei Pastels (altri ex psych-80 scozzesi) il cui intento statutario è "rendere disponibili quelle musiche che al momento attuale non sembrano essere sulle mappe", ed il cui punto d’onore è, a quanto pare, l’avere nel proprio roster un gruppo di terroristi dell’ultrasinistra giapponese coinvolti con l’Eastern Asia Armed Front (Maher Shalal Hash Baz il loro nome).
Ad onor del vero, però, Tiny Waves, Mighty Sea non suona per nulla come un nonsenso geografico. Tutt’altro. "Sono da sempre interessato alla musica ciclica, ripetitiva, legata agli stati di trance" dice Sushil. "Appartengo ad una cultura per la quale il suono primordiale dell’universo - l’OM - è strettamente legato all’esistenza quotidiana. In questo senso credo ci sia una continuità tra i miei lavori precedenti e questo. Tiny Waves è più organico, questo si. E molti mi dicono che è simile alle cose che suonavo agli esordi. In effetti sono tornato a quello che è il "mio" strumento, la chitarra-basso. Questo è esattamente un album strutturato dal punto di vista di un chitarrista. Negli altri c’erano più strumenti, più tecnologia, anche se in realtà sono molto più affascinato dalla tecnologia "vecchia", dai nastri soprattutto: prenderli, tagliarli, metterli in loop...". Stavolta, invece, si è partiti da zero. "Il disco è stato registrato nello studio dei Teenage Fanclub, che è ricavato in un vecchio mulino, un luogo dove una volta si faceva il pane. Ovviamente è costruito sopra un fiume, e il ronzio del fiume in sottofondo ci ha accompagnato per tutta la durata delle registrazioni. Inconsciamente è come se avessimo usato quel suono per accordarci".
Una buona chiave di lettura per il disco; come del resto il fatto di aver raccolto a vario titolo buona parte della scena scozzese: Belle & Sebastian, Pastels, Teenage Fanclub, Delgados... "Nella mia visione delle cose la musica è collaborazione" dice Sushil: "non è solo il fatto che non sono un polistrumentista, e che quindi preferisco chiedere ad altri di suonare gli strumenti che non conosco bene. E’ proprio un’esigenza, un bisogno. Sono sempre alla costante ricerca di nuove persone con le quali provare a mettere giù qualcosa. Il prossimo sarà Robert Forster dei Go Betweens, verrà qui a Glasgow tra una decina di giorni". A questo punto restano da convincere solo gli studiosi "seri" di musiche etniche, cui il crossover totale di geografie e provenienze potrebbe creare qualche scrupolo di coscienza. "Beh, intanto tra folk scozzese e musica tradizionale indiana c’è una similitudine strutturale", osserva Sushil, "legata all’uso della scala pentatonica. E poi è affascinante come questa musica passi di generazione in generazione e sia sempre viva.
Qualcuno potrà obiettare che nella musica pop non ci sia alcun valore religioso, e che quindi sia blasfemo incrociarla con la musica religiosa indiana, ma pensa ad una canzone come Free Nelson Mandela, all’impatto che ha avuto ed alla consapevolezza che ha contribuito a diffondere pur essendo una semplice canzone pop. Persino Feed The World, che pure era quanto di più blando si potesse immaginare, ha avuto un’importanza decisiva per veicolare un messaggio sociale. La pop music non può essere religiosa, non è nella sua natura, ma se ti avvicini al pop con onestà forse farai ugualmente qualcosa di significativo. Wild Thing dei Troggs è l’equivalente pop dell’uomo delle caverne la cui unica preoccupazione è trovare il cibo. Ma ciò non toglie che sia una grande canzone pop...".

(da: Rumore, aprile 2001)