Starsailor: la parola chiave è "purezza"
 

di: Fabio De Luca

Venticinque minuti faccia a faccia con metà degli Starsailor. Nella fattispecie il James "che canta", James Walsh, e il James "che non canta" (ma suona il basso), James Stelfox. Che in due fanno a stento quarant’anni, e che sono qui a dimostrare - tableaux vivant della prima generazione del day-after il collasso del brit-pop - che tutto il bla bla bla sui neo-acustici ha anche un suo risvolto per così dire "tradizionalista". Che i Coldplay possono insomma andare in pensione, perchè ci sono pronti i nuovi-Coldplay e il loro nome è Starsailor (e il nome arriva dritto da un album di Tim "padre-di-Jeff" Buckley, tanto per essere chiari). Tutto ok dunque, tranne un singolo dettaglio: i due Starsailor toccatici in sorte vorrebbero essere ovunque al mondo meno che qui a dover spiegare perchè e percome gli è uscito fuori un disco di esordio come Love Is Here, importante e ragionato come in altri tempi lo furono i Verve degli esordi, ed anche per questo a modo suo "universale" e indicativo di un delicato passaggio storico. Un po’ sembra di stare di fronte ai bambini-prodigio di certi show televisivi: non tanto per l’abilità di comporre canzoni, la cui qualità "classica" è pure innegabile, quasi alle spalle ci fossero almeno quindici anni di mestiere, quanto per la lucidità con cui i due circa-ventenni si rapportano a tutto il serraglio che inevitabilmente circonda e accompagna chiunque entri a far parte della gioiosa macchina dello showbiz.

"Credo che tutto abbia a che fare con il fatto che siamo cresciuti ascoltando dischi vecchi piuttosto che dischi nuovi" dice ad esempio il James che canta riguardo al fatto di aver realizzato un primo disco che già suona come un classico: "in più, per lungo tempo io ho cantato in un coro, e questo ha fatto sì che sviluppassi un gusto per le voci pure e innocenti. Quando mi sono avvicinato al rock era quello che cercavo, voci che parlassero di purezza e innocenza: Jeff Buckley, Neil Young, Crosby Stills & Nash... voci singole che hanno la purezza di un coro". Se c’è dello snobismo nei confronti della contemporaneità (e soprattutto nei confronti dei contemporanei di altre band) sicuramente è ben dissimulato. Più o meno. "Quando guardo la tv" aggiunge James, "e vedo tre o quattro boy-band di fila a Top Of The Pops, e poi c’è una replica di The Old Grey Whistle Test con David Bowie o Elton John che cantano dal vivo... beh, ti rendi conto che c’è una differenza, che in loro c’è una purezza che li rendeva e ancora li rende speciali". E ciò detto, avendola sentita pronunciare per tre volte nello spazio di quattro minuti, deduciamo che "purezza" è una parola chiave nel mondo degli Starsailor.

"In un certo senso è così", riflette l’altro James, "anche se ciò che intendiamo con purezza ha più a che fare con... uhm, pensa ad un album come Harvest di Neil Young, a come è totalmente fuori dal tempo. Quello è ciò che intendiamo con purezza". La domanda sorge spontanea: siete realmente convinti che sia ancora possibile fare dischi come quello, oggi? "Beh, pensa ai Radiohead. E comunque si, credo ci sia spazio per... per una scrittura sensibile. Non ci sono solo i Limp Bizkit, in giro". Ulp! Ma i quieti Starsailor non hanno mai avuto, nelle loro venti primavere, una fase, un momento, anche solo un pomeriggio "punk"?!? "Non io, non è roba per me" dice il James che non canta. "Forse per un breve istante, l’energia è affascinante, ma è una cosa che non può durare. Troppo caos" dice il James che canta. E come si immaginano gli Starsailor di qui a dieci anni? La risposta denota maturità e lucidità perfino troppo belle per essere vere: "sappiamo che il mondo in cui ci muoviamo, il mondo del pop, è un piccolo inferno che sembra fatto apposta per soffocarti" dice il James bassista. "Credo che riuscire a portare avanti gli Starsailor per altri tre/quattro anni sarebbe già un buon risultato. Per gli anni successivi, tutto può succedere. Spero solo di essere sempre in grado di scrivere canzoni che abbiano... un senso". Questa più o meno la risposta. Perchè le ultime parole sono state coperte dal ronzio dell’UFO tornato a riprenderli per riportarli là in quello strano planetoide senza tempo da cui sono venuti. Lasciandoci qui a sognare un mondo in cui l’ironia sia la nuova sincerità allo stesso modo in cui il silenzio è il nuovo rumore e la purezza il nuovo caos...

(da: Rumore, novembre 2001)