Voce del verbo prefiggersi Riceviamo e, senza cambiare nemmeno una virgola, volentieri pubblichiamo:
«I Nuovi Orizzonti Artificiali nascono, simil-mosaico, nel Settembre del 1998 e come un mosaico è il progetto: unire la psichedelia di nuova generazione, miscela di elettronica ed effetti, alle sonorità più ruvide della musica industriale; unire a questo la frenesia delle cadenze jungle, drum'n' bass e dance, passando però attraverso le melodie e le sonorità tipiche del rock. Da un progetto iniziale che si prefiggeva di unire l'espressione teatrale a quella musicale creando un impatto espressivo più incisivo e spettacolare, i Nuovi Orizzonti Artificiali giungono al progetto attuale basato interamente sulla musica e sulla poesia delle liriche in lingua italiana. L'immagine che ne deriva è un paesaggio onirico, psichedelico, istintivo e sperimentale, sul quale i personaggi e gli attori, volutamente sfuocati, ricercano poesia e bellezza.»
Il simil-mosaico, la miscela di elettronica ed effetti, la frenesia delle cadenze jungle, il progetto originale che «si prefiggeva», l’improvvisa illuminazione che, al confronto, Striscia La Compilation possiede la levatura artistica di The Dark Side Of The Moon. |
Praticamente la scena delle cuffiette di Il Tempo delle Mele moltiplicata per 5.000 Al prossimo Glastonbury, chi entrerà nella dance-tent dopo una cert’ora si vedrà consegnare un paio di auricolari tipo iPod e buon divertimento. «Per evitare disturbi al vicinato», dice la BBC. |
Nuovo Corso Francia Magari è in onda da mesi e sono io che fino a oggi me lo sono perso, ma lo spot della Mozzarella Francia (prima o poi qui) è un delirio alla Giovanni Rana che parte come West Wing e finisce come un incrocio tra 1984, un docu-drama su qualche setta neo-nazi del Texas e l'ultimo video di Max Pezzali. Ma soprattutto segna il ritorno sugli schermi (nella parte di una specie di Condoleezo Rice de noantri) di Fabio Ferrari, l'indimenticabile Chicco Lazzaretti de I Ragazzi della Terza C. |
Il subcomandante MacOS Sarà che come per tutto ci vuole un po’ di pratica, sarà una forma di stevealbinismo («la tendenza, anche in presenza di tecnologie migliori e più avanzate, ad affidarsi a tecnologie vecchie di cui però si conoscono anche i più nascosti dettagli e di cui si sa mettere a frutto ogni potenzialità»). Comunque, a circa dodici ore dall’upgrade, io con OS X mi ci trovo di schifo. E non so se prenderla come una manifestazione di custom care estremo, ma ieri pomeriggio quando me l’ha installato il mio tecnico parlava come Obi Wan Kenobi: «Lascia che sia lui a guidarti, non cercare di importi». Ho provato a lasciare che sia lui (lui OSX) a guidarmi, ma ’ste monofinestre multifunzione che ragionano come le analoghe colleghe di Windows mi danno parecchio addosso. Per non dire della cafonissima “striscia degli alias” (ha in nome tecnico, adesso non me lo ricordo) che ho subito nascosto, non fosse che il cestino è nascosto lì dentro (Obi Wan mi dice che nella versione beta il cestino non c’era proprio, che ad Apple volevano imporre un comando da tastiera ber buttare via i documenti, poi l’utenza ha protestato...). Ok, mi sembro mio nonno... Qualcuno ha un Ableton Live craccato? |
Com'è umano lei (dopo tutto) [voto: 5/5] Che i due fichetti francesi ci stiano menando per il naso non è più nemmeno un dubbio o qualcosa su cui interrogarsi. È una meravigliosa, fantastica, luminosa certezza: una verità talmente ovvia e universalmente condivisa da non richiedere nè dibattiti nè tavole rotonde. È così, ci stanno menando per il naso. Ormai da qualche anno è una sfida a che si stufa prima: loro di percorrere la loro apparentemente inesauribile escalation di improbabilità o noi di farci abbindolare felici dell’essere abbindolati? Si profilano all’orizzonte tutti gli estremi di un tipico rapporto disfunzionale in cui i due fichetti fanno i loro porci comodi e noi sempre qui a giustificarli, a dire checcariiiini, a complimentarci - addirittura - per il raffinato detournement che si cela dietro l’improbabilità. Due o tre spiegazioni per chi fosse all’oscuro delle puntate precedenti: i Daft Punk sono due fichetti francesi. Il loro album di debutto, Homework, uscito nel 1996 (quando i due fichetti avevano rispettivamente vent’anni e ventuno) è forse il più significativo album “dance” dai tempi di certi dischi degli Chic e di Giorgio Moroder: un disco che inventava tutto pur riciclando a man bassa (dalla house di Chicago, dall’acid, dal funk anni Ottanta), e risultando in questo straordinariamente in anticipo sugli scenari elettronici degli anni successivi. Da allora i due fichetti francesi si sono imbarcati in una personale grandeur che li ha portati a concepire fra il resto: un costosissimo film d’animazione con il guru giapponese degli anime Leiji Matsumoto, due costosissimi mascheroni robotici con addosso i quali farsi ritrarre in molto plastiche pose, un secondo album di disco anni Ottanta genialmente cammuffata, un piacevolmente ininfluente album di remix commissionati ai più costosi remixatori del pianeta. Il che ci porta al nuovo disco. Che - ricordiamocelo - è una truffa. Un disco quasi trasparente da quanto è privo di idee, e in cui quelle poche sono ripetute all’infinito (come la voce che sussurra il titolo di Steam Machine per cinque minuti; come il riff metallaro del singolo Robot Rock). Ma ecco il colpo di genio: come in certi processi di lavaggio del cervello propri delle sette religiose, Human After All utilizza la pratica della reiterazione per condurre da un lato alla sottomissione emotiva, dall’altro all’estasi. E, porca miseria, funziona! Al terzo ascolto la trasparente pochezza diventa sublime minimalismo, e i pezzi che non decollano mai diventano esemplificazione della pratica sessuale tantrica del rimandare all’infinito l’orgasmo. Al quinto ascolto gli darete anche voi il massimo dei voti. (da: Rolling Stone, aprile 2005) |
Valletta fanfares Questa sera ai Magazzini Generali di Milano con inizio alla mezzanotte e ingresso gratuito l’atteso show del mio dj electro preferito al mondo, ma che dico al mondo, nell’universo. Più preferito anche di Dj Hell, certo, e persino più preferito di Serge Santiago. Del resto, lo dice anche Vitalic... Insieme a lui anche il mio tastierista-la-cui-tastiera-dal-vivo-sta-sopra-una-molla preferito al mondo, ma che dico al mondo, nell’universo (che però stasera mette solo i dischi, non suona. Ma è bravo anche lui). |
E la Piccola Kathy gestisce un bar in provincia di Alessandria Io vivo per notizie come questa. Metafilter informa che la Sharona che ispirò l’omonima canzone dei Knack (My Sharona) oggi ha un’agenzia immobiliare a Los Angeles. |
Il disco fa clic In arrivo dopo Pasqua i primi DualDiscs, i cd che quando sono finiti li giri e c’è il dvd. Pare che il costo sarà di pochissimo superiore a quello di un cd (tipo: un dollaro). Se sperate di farmi ricomprare per la terza volta la discografia degli Smiths ve lo potete scordare. |
Sul concerto di Beck non posso aggiungere nulla a quanto avete probabilmente visto anche voi alla tv ieri sera (ma il disco nuovo secondo me è bello) E invece alla fine dj Vitalic non sono rimasto a sentirlo perchè l’umore era quello che era, sarà la primavera. Ma il dj che ha suonato subito dopo Beck era proprio bravo, e uno di questi mesi mi sa che lo si invita pure a fare un set qui per la colonna di destra.
Ah: stranamente al bar c’era solo birra Corona (una battuta orrenda che mi porto dentro da anni. Stasera va così, da domani si torna ai consueti livelli)
(update: per amor di fare confronti qui il resoconto della volta ultima scorsa in cui, nel 2000, Beck venne in visita alla metropoli meneghina. In qualche angolo di hard disc dovrei avere anche il resoconto di quando, in dieci, lo vedemmo su una sponda del Tevere, nel settembre 1996, ma non lo trovo più) |
La Difficoltà in su, sembra Tagliente Lo so, lo so, lo so. Prendersela con i traduttori automatici online è come sparare sulla croce rossa, e fare della facile ironia sul loro surreale senso logico sta - in termini di fantasia blogghistica - subito sotto i post sui propri referrers e quelli sul tempo. Fra l’altro il solito Sergio Messina ha già scritto pagine come sempre memorabili sull’argomento, e probabilmente chiunque usi internet ed abbia bisogno di traduzioni ha ormai accettato l’idea di far da sé e magari studiare le lingue (che fra l’altro è tutta salute). Però, quando ti ci trovi di fronte... Stamattina cercavo delle informazioni su dj Vitalic, che domani avrò la ventura di conoscere (non prima di aver avuto il piacere di conversare per 60 minuti con Angunn, ma questo è un pezzo di giornata dal quale volentieri vi lascio fuori), e per sbaglio ho premuto il comando “traduci” di Google su una pagina che fra l’altro - guarda la combinazione - era la ben nota tracklist del dj-set dei 2Many DJs a BBC1 lo scorso gennaio. Beh: tradotta da Google, la tracklist dei 2Many diventa una delirante rassegna di prog italiano dove spiccano perle del calibro di Goccia Gradisce Il Relativo Caldo (Drop It Like Its Hot di Snoop Doggy Dog), Inceppamento Di Def (Def Jam, l’etichetta dei Nemico Pubblico), oltre naturalmente a Fix Up, Look Sharp di Dizzee Rascal, che nella sua Google translation intitola questo post. |
Del resto: se Ocean’s Twelve era aperto e chiuso da L’appuntamento di Ornella Vanoni Re: donnie darko «...vedendo il film, oltre a capire per la prima volta che c’erano alcuni substrati in Mad World che non avevo mai avuto tempo/modo/voglia di esaminare, mi tornava in mente anche Marcella con le sue Montagne Verdi, e soprattutto “l'amico mio più sincero, un coniglio dal muso nero”. Peccato che il team di Donnie Darko non ne sia stato portato a conoscenza, sarebbe stato un effetto surreale niente male.» (Lueeeza, oggi pomeriggio, via mail) |
Mica lo dico io, lo dice il cantante dei Decemberists Ora poi sembra che sia una questione personale tra me e Conor Oberst, quando invece non lo è. È solo che i suoi dischi non mi hanno mai preso più di tanto, e il concerto milanese di due domeniche fa mi ha lasciato con più dubbi che altro. Ho provato a spiegare perchè qualche post più sotto, e in maniera forse più organica anche qui. Per fortuna, trattandosi di Conor Oberst e non di uno scrittore emergente con il nome che sembra una canzone di Elio & Le Storie Tese, nessuno si è appellato al fatto che “se ti sta così antipatico vuol dire che sei invidioso”, ma il fatto è che sono io per primo affascinato dalla mia antipatia nei suoi confronti. E mi sento anche un po’ in colpa, vi dirò: perchè più passa il tempo più mi convinco che proprio di antipatia si tratti, una cosa di pelle, che nulla ha a che spartire con le categorie della critica.
Finchè stasera non mi è capitato sotto il naso questo pezzo del Seattle Weekly nel quale il cantante dei Decemberists, Colin Meloy, così si esprime nei confronti di Oberst: «I bought one of his records, Fevers & Mirrors. I listened to half of two songs and put it away immediately and haven’t listened to it since. His voice and his writing are just so irritating»
Oh, bisognerà farsene una ragione, mica è un crimine contro l’umanità: Conor Oberst è antipatico. |
Perchè ostinarsi a leggere recensioni quando ascoltare il disco è tutto sommato meglio (anche se si tratta del nuovo di Billy Idol)? Riceviamo e volentieri pubblichiamo una preziosa antologia di stralci di recensioni del nuovo Billy Idol Devil's Playground apparse nei giorni scorsi sulla stampa quotidiana italiana:
«Devil's Playground è fior di disco tramortente tra hard rock, heavy metal e punkrock esplosivi, 13 pezzi come 13 pallottole»
«Dodici nuove canzoni capaci di cavalcare l'onda del ventunesimo secolo così come “Eyes without face” o “Cradle of love” l'hanno fatto nel ventesimo»
«Il suono è poderoso, la grinta quella di sempre; le chitarre di Stevens sono cattive al punto giusto e i testi introspettivi, trattano con onestà problematiche dure come quelle della droga e dell'alienazione»
Il fior di disco tramortente, le canzoni capaci di cavalcare, le chitarre cattive al punto giusto, Lester Bangs che è morto invano. |
Perchè ostinarsi ad ascoltare dischi quando è così più divertente leggerne? L’inarrivabile prosa massimalista di Marcello Carlin, stavolta su Antony & The Johnsons, Brian Ferry e perchè non gli piacciono i Kaiser Chief. Tutto insieme. |
Lavoro minorile Con la scusa che sulla materia lei era senz’altro più preparata di lui, il critico musicale dell’Independent ha mandato la propria figlia dodicenne ad intervistare Avril Lavigne al posto suo. |
Psicopatologia del blogging (non) quotidiano: primi segni di schizofrenia Sono l’unico a cui capita di andare sul proprio blog e provare una punta di delusione perchè non ci sono nuovi post da leggere, e soltanto una frazione di secondo dopo realizzare che, ehm, questo è il mio blog, e quindi dovrei al limite scriverci, non leggere? |
Vado al Maximo Quante volte avete sentito pronunciare la frase «mi hanno fatto l’effetto di quando ho ascoltato per la prima volta gli Smiths»? Tante, lo so. Talmente tante che una volta di più non vi potrà fare granchè male, immagino. [disclaimer: in genere chi vi dice suddetta frase la dice sottointendendo che la propria e soltanto la propria esperienza di ascolto primigenio degli Smiths sia stata così intensa e significativa da poter costituire pietra di paragone attendibile per i secoli a venire, e che dunque lui e lui solo sia in grado di ravvisare la qualità smithsiana latente nel tal gruppo, mentre chiunque altro abbia mai pensato di ravvisarcela altrove era manifestamente in malafede o vittima di incompetenza professionale. Figurarsi se io faccio eccezione, potendomi fra l’altro avvalere del bonus-vecchiazza per cui I was there quando gli Smiths pubblicavano i loro primi sette pollici, il che notoriamente vale doppio]. Dunque: l’altra mattina sento il nuovo singolo dei Maximo Park, Apply Some Pressure. Avevo a dire il vero già sentito anche il precedente The Coast Is Always Changing, e per una felice coincidenza li avevo pure visti dal vivo a Londra lo scorso dicembre (ricavandone la certezza - riportata anche al diretto interessato - che il cantante somigli al noto attore-feticcio di Rohmer e Lelouch, Fabrice Luchini, e l’impressione - non riportata al diretto interessato - che «son bravi, ma smettessero di cercare d’essere i Pulp con dieci anni di ritardo»). Insomma, l’altra mattina: e la rivelazione non è neanche tanto la canzone principale, quanto la (metaforica) facciata B, Fear Of Falling, che [«mi hanno fatto l’effetto di quando ho ascoltato per la prima volta gli Smiths»] ha il suono come di ragazzino che viene di corsa giù per le scale di un palazzo per raggiungere gli amici che giocano in cortile, la voce che ora pare totalmente per i fatti suoi come fosse al telefono con qualcun altro e un attimo dopo sembra rivolgersi direttamente a te, quei tre secondi del break a metà che sembrano l’analogo break in Space Oddity di Bowie, e soprattutto quel meraviglioso ponte di chitarra marriana pochi istanti prima della fine. Trovo questo pezzo assolutamente perfetto nel suo genere. E, si, mi ha fatto l’effetto di quando ho ascoltato per la prima volta gli Smiths. (che il Dio dei titoli dei post abbia pietà) |
Date with IKEA (but check the gender first) Il Primo Ministro norvegese solleva gender issues circa il sesso degli omini raffigurati sulle istruzioni dei mobili IKEA («its manuals show only men or cartoon figures whose sex is unclear»spiega la CNN). Fa piacere che a quelle latitudini la parità dei diritti sia così avanzata, ma a me la notizia ha soprattutto fatto voglia di recuperare questa canzone, e così spero di voi. Qui un aiuto nell’eventualità vi venisse voglia di fare il karaoke. |
E il mese prossimo: Ferretti & Zamboni In occasione della ristampa su cd dei primi tre album dei Dinosaur JrDazed & Confused pubblica (non online) una breve ma divertente intervista doppia a J Mascis e Lou Barlow. I due, dopo la cacciata di Barlow dal gruppo, non si sono rivolti la parola per una decina buona di anni. Adesso pare abbiano definitivamente fatto pace. Ricorda Barlow: «When I was kicked out of Dinasaur, it unleashed this torment of negativity from me. I wrote songs about it, I fucking told anybody wanted to listen. Even though it was a very good thing that I got kicked out - looking back it was the best thing that ever happened to me, because it’s a problem when you get stuck in a band that has a sound, like the Ramones in the 80s. It’s awful when a band gets this sound, and the all the acrimony within the band starts to play itself out. It’s horrible». |
“Anvedi, ecco Casacci / e pure Boosta e Samuel / il Ninja / e anche Bicio / quant’abbonnanza c’è...” Stato ai Castelli Romani come fosse una gita domenicale, solo che era lunedì. Andatoci perchè la nota band “I Subsonica” ci sta mixando il nuovo disco, ai Castelli Romani. Ascoltato il nuovo disco. Fate conto il disco che i New Order avrebbero dovuto fare nel 2005, solo che non l’hanno fatto. (Con in più eventualmente ospite Billy Corgan alla chitarra, come nel tour del 2001: ma neanche questo i New Order l’hanno fatto). Svegliatomi il mattino dopo con il ritornello della traccia numero due, Ratto, nella testa. Convissuto per l’intera giornata con detto ritornello in loop mentale, e - non ricordandone le parole tranne quella finale della seconda strofa, cioè «adesso» - inventato improbabili testi “di riempimento” onde poterla più agevolmente canticchiare (uno a caso: «è l’ultima espressione che c’è/sul tuo volto/adesso»). Subsonica contenti che il ritornello mi sia rimasto in testa: un po’ meno contenti dopo essere stati informati del fatto che lo stesso mi è successo la scorsa estate con Astronaut dei Duran Duran. Il disco comunque è decisamente bello (si era capito, no?), e segna un interessante riassestamento del tutto - suoni, arrangiamenti, attitudine - in direzione elettrica, senza però suonare come una banale o nostalgica o opportunista “svolta rock” che dir si voglia. Qui c’è un inquietante countdown che vi dice esattamente quanti giorni-ore-minuti-secondi mancano all’uscita. Ieri poi passata buona parte della giornata all’Eur a seguire il photo-shooting del servizio per RS. Immaginatevi Mike Tyson e il comandante Straker, ma all’Eur, in una pazzesca giornata di sole. (non posso dire di più: vedrete sul numero di maggio). Ora di nuovo a casa. |
Se fossi il Creatore adesso mi inventerei un nuovo Damien Rice che diventa famoso con una cover acustica molto rarefatta di Disco Inferno dei Trammps Immagino sia prevista la pena capitale per chi - già scettico circa l’ondata di simpatia & premurosa attenzione mediatica che avvolge Conor Oberst da sei mesi a questa parte - sia uscito dal suo concerto milanese di ieri sera ciancicando, al pari dell’ultimo dei fanzinari, che «l’hype che circonda quest’uomo è al 90% figlio del suo essere stato scopantesi Wynona Rider, e al 10% varie ed eventuali». Così è, purtroppo. E non è che lui non ce la metta tutta, e non è che alla fine indubbiamente pure gli riesca di essere una strana credibile quadratura di Dylan e Smiths (e Waterboys, secondo me), ma, appunto, il problema è che ce la mette tutta. Magari sbaglio, ma se uno sale su un palco armato della retorica da hillibilly degli indie-noantri (che equivale ad appellarsi all’archetipo stesso della “sincerità folk” elevato al quadrato) poi non può mettercela tutta. Deve essere, e basta. Deve conquistarti con la sola forza del suo essere lì sul palco. Deve convincerti di essere lui l’uomo (o la donna, se Cat Power o Johanna Newsom) del destino. Deve, insomma, riuscire ad essere qualcosa (qualsiasi cosa) in più rispetto alla resident-band del baretto degli avvocati di Ally McBeal.
La prossima volta, se mai una ce ne sarà, si va ovviamente a vedere i Mars Volta. |
Bringing it all Beck home Contrariamente alla totalità degli articoli letti di recente, il lungo profilo di Beck uscito oggi sul Magazine del New York Times oltre a ricostruire per la miliardesima volta la storia della sua famiglia riesce a mettere insieme qualche osservazione non banale (Loser assomiglia a Hey Jude dei Beatles: giuro che ci faccio caso adesso per la prima volta...), un paio di sensate dichiarazioni autografe e addirittura a farlo parlare a lungo - “a lungo” significa “per circa una riga e mezza”- della spinosa questione scientologica. Beck, in estrema sintesi, si dice contrariato del clima di «intolleranza» creatosi nei confronti di Scientolgy, che lui descrive come un ente le cui principali finalità sono «insegnare a leggere ai bambini e curare i drogati». Al di là di ogni facile umorismo, la questione del legame di Beck con Scientology è un tema che personalmente trovo affascinante come pochi altri, di questi tempi. Qui un lungo approfondimento al riguardo. |
Dirige l’orchestra il maestro Pietro Gambadilegno Quest’anno Katawebon behalf dei maestri Michele Bovi e Vince Tempera ha fatto della caccia ai plagi (o delle innocenti somiglianze) sanremesi una scienza quasi esatta. |
Metapitchfork Un blog che recensisce le recensioni del più segaiolo tra i siti musicali. L’idea - che ovviamente evoca spaventose visioni di gente la cui “vita” è affascinante quanto quella di un pesce rosso nella boccia di vetro - stranamente è meno terribile a leggerla che a immaginarla. «I just read the review of the new mars volta album on pitchfork...i couldn't even finish because it was so long winded and annoying to read. the writer obviously knows everything about music, and that's all we need to know. he also knows that he likes mars volta but is afraid to admit it, and therefor must come up with some interesting sounding objections that don't really amount to much insightful criticism.» |
Inspirare, cospirare Voi prendetelo con le molle (molto con le molle), ma qui si sostiene che il suicidio di Hunter S. Thompson potrebbe in realtà essere un omicidio a sfondo politico. |
Colonne portanti Dalla notte scorsa in quella alla vostra destra c’è l’allegro dj set di marzo. Tutti i dettagli nell’apposita pagina. E un paio di nuoviingressi anche in quella di sinistra. |
«Attenzione prego: se c’è uno psicanalista junghiano a bordo, è pregato di mettersi immediatamente in contatto con la cabina di pilotaggio» Questa notte ho sognato che era morto Renato Zero (per l’esattezza: che mi dicevano che ieri era morto Renato Zero, e io me ne dispiacevo). Due notti fa ho sognato Paolo Bonolis che faceva bungee-jumping. Che accidenti sta succedendo al mio inconscio? |
Filologia delle piccole cose Perchè Kung Fu Fighting di Carl Douglas non è semplicemente una vecchia imbarazzante canzone da classifica (e perchè anticipava di dieci anni esatti Relax dei Frankie Goes To Hollywood) in 2.500 battute. |
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