Giuliano Palma & The Bluebeaters: it’s a wonderful, wonderful life
 

di: Fabio De Luca




Come tutti sanno, le cose nate per scherzo son spesso quelle che riescono meglio. E’ una regola talmente pacifica che a dirla si rischia di far la figura degli ottusangoli. Ma tant’è: parlando di Bluebeaters, è questo che viene fuori. Bluebeaters: un gruppo nato (cinque anni fa, circa) per scherzo, per passione e fuori di qualunque necessità. Un totale di due, massimo tre mesi all’anno nella vita di un nucleo di persone che negli altri nove ha impegni "ufficiali" chiamati Casino Royale, Africa Unite, eccetera. "In effetti la cosa dei Bluebeaters ci è un po’ scoppiata tra le mani" ghigna Giuliano "il King" Palma, fresco di contratto discografico "individuale" per un album che uscirà, forse, la prossima primavera: "tra di noi c’era il tacito accordo di tenerla volutamente "bassa", estemporanea, per evitare interferenze con i gruppi di provenienza. Con un po’ di rammarico, certo, perchè l’esperienza con i Bluebeaters piaceva moltissimo a tutti. Poi però è uscito il disco, le radio hanno cominciato a suonare Believe, ai concerti c’era sempre più gente, e così...". Giugno 1999: esce (per modo di dire: in realtà è disponibile per l’acquisto on line sul sito dei www.bluebeaters.com) il primo, lungamente favoleggiato album di Giuliano Palma & The Bluebeaters. Napster nessuno sa ancora che cosa sia, new-economy è un concetto che abita giusto tra le pagine più soft-core del Sole 24 Ore, e il sito dei Bluebeaters fa il botto di contatti.
Dicembre 2000: l’album di Giuliano Palma & The Bluebeaters esce dal vostro computer ed entra nel mondo reale. La V2 lo ri-pubblica corredato di due inediti (tranquilli, fans della prima ora: sarà possibile upgradare la versione "vecchia" dell’album acquistando i due inediti nel comodo formato cd-singolo), e adesso la scusa che non ve l’eravate comprato perchè avevate paura che Bill Gates potesse leggersi i dati della vostra carta di credito potete metterla in cantina insieme a tutti i dischi degli U2. Per la cronaca, neanche a farlo apposta il giorno della chiacchierata di Rumore con Giuliano coincide con la settimana in cui tv e radio sono prese d’assalto da quella pubblicità che - lo sapremo tra breve - rischia di far diventare A Message To You Rudy una hit da Vacanze di Natale. Il che è ben strano, ragioniamo con il King: perchè è esattamente quello che i Bluebeaters, consciamente o inconsciamente, hanno scelto sin dal primo giorno come statuto del loro stare insieme. Portare i classici del reggae delle origini, dello ska, del rocksteady, ad un pubblico che se ancora non li ama alla follia probabilmente è solo perchè ancora non li ha sentiti (e, soprattutto, ancora non li ha sentiti in versione live dai Bluebeaters).


"Nei cinque anni di vita dei Bluebeaters", calcola Giuliano, "avremo fatto una sessantina di cover, forse anche qualcuna in più. E da un lato abbiamo lavorato sul repertorio, dall’altro invece sul suono. Nel senso che una parte del lavoro è stata il riportare alla luce classici dimenticati dello ska e del rocksteady, roba che magari non è neanche più stata ristampata, che neanche avevamo su disco ma solo su vecchie cassette. L’altra parte è iniziata quando abbiamo cominciato ad adattare al suono dei Bluebeaters - figlio di queli classici dimenticati - a canzoni moderne come Believe o Wonderful Life. Per me per tutto lo scorso anno è stato un sommo gaudio veder cantare in coro Believe di Cher da gente che magari l’originale non l’aveva mai cagato perchè era un pezzo troppo techno o troppo pop... E poi io amo molto quel pezzo comunque, a prescindere dal fatto che possa essere o meno lontano dal mio background".

Beh, è la prova che quando la canzone "c’è" uno può mascherarla techno-pop finchè vuole, ma quando arrivano i Bluebeaters riusciranno a tirarci fuori la sua essenza più profonda, il DNA...

Esatto! È come per il pezzo di Black, Wonderful Life, un altro pezzo che ho sempre amato molto.

E com’è che nei vostri concerti dello scorso anno è finita anche Rude Boy Rock di Lionrock?

Quel pezzo l’ho sempre trovato paradossale, soprattutto perchè io - come penso molti altri - l’ho ascoltato per la prima volta dentro la Playstation, nella colonna sonora di Fifa ’98. In effetti conoscevo anche le canzoni degli Skatalites da cui erano stati campionati i vari frammenti utilizzati nel pezzo, e quindi la versione dei Bluebeaters era un po’ un tentativo di rimetterlo nel suo contesto originale, praticamente un lavoro di controinformazione.

Ma l’idea del campionatore-saccheggiatore ti da fastidio?

Assolutamente no, anche perchè con i Casino Royale per molti anni ci siamo divertiti esattamente a fare questo. Campionare la musica che ami è un modo per esplorarla più a fondo: ovviamente ci sarà sempre qualcuno che - per una sorta di eccesso di amore verso la musica - ti dirà che è un approccio dissacratore. Ma è lo stesso di quando i Casino hanno smesso di fare ska e si sono avvicinati all’elettronica, e c’era chi tra il fans l’ha presa malissimo.

A proposito: tutti danno per scontato che tu non sei più nei Casino Royale, anche se non è mai uscito un comunicato stampa ufficiale al riguardo...

Non abbiamo fatto molta pubblicità alla separazione perchè nessuno di noi l’ha mai presa per una "separazione" o per un fatto definitivo. Stiamo semplicemente seguendo ognuno i propri progetti. Per il resto, mai dire mai.



Venendo ad oggi, invece, punti di forza dell’album "nuova versione" sono ovviamente le due cover di (e con) Gino Paoli. Un’altra di quelle folli pensate (tipo "Mina-che-canta-un-pezzo-degli-Afterhours" e "i-CSI-primi-nella-hit-parade") che solo cinque anni fa sarebbero appartenute giusto all’apice di una serata sponsorizzata dall’erborista dei Nightmares On Wax. Cinque anni dopo, invece, tutto è possibile. "In effetti a pensarci è abbastanza strano: anche perchè nel progetto ci ha coinvolto lui, nel senso che gli era capitato di ascoltare il nostro disco, e tramite i soliti rigiri di conoscenze comuni ci ha fatto sapere che gli sarebbe piaciuto fare qualcosa insieme a noi. Anzi, le parole esatte pare siano state "voglio fare qualunque cosa con loro"... In realtà in un primo momento lui ci avrebbe voluti a lavorare in un pezzo per il nuovo disco, che è appunto una raccolta di nuovi arrangiamenti di suoi pezzi classici: poi però per cavilli burocratici non se ne è fatto nulla, e visto che comunque il contatto era avviato e la voglia di fare comunque qualcosa insieme c’era, siamo arrivati noi con queste sue due vecchie canzoni rivisitate nello stile Bluebeaters, Che Cosa C’è e Domani, ed è finita con Paoli in studio con noi che canta un paio di strofe in ciascuna delle due canzoni. Al di là della soddisfazione, c’è da dire che per noi è stata anche la prima esperienza in lingua italiana, quindi un passaggio importante. Ed è successo tutto molto velocemente: lui è arrivato in studio dopo che ci eravamo conosciuti a casa sua e dopo che avevamo addirittura accarezzato l’ipotesi di scrivere qualcosa di inedito assieme. Non se ne è fatto nulla perchè l’idea dei Bluebeaters è da sempre quella di lavorare unicamente su un repertorio di cover, e tale ci sembrava giusto dovesse rimanere".

Paoli a parte, a quali nuove covers stanno lavorando i Bluebeaters per la tourneé dell’anno nuovo?

Ehhh... ce ne sarebbero un sacco. Aspettatevi qualcosa dei Clash, è uno sfizio che mi voglio togliere una volta o l’altra. E forse anche qualcosa degli Stones.


[PS. E’ ovvio: appena ci è arrivata la notizia della joint-venture tra i Bluebeaters e l’autore di "Eravamo quattro amici al bar" (un uomo - ricordiamolo - che ogni ventisette del mese incassa dalla SIAE più di quanto tutti i gruppi della Shifty Disco, della Thrill Jockey e della Kitty-Yo messi insieme guadagnerebbero in diciassette reincarnazioni e mezza) il pensiero è volato lieve come un aquilone a certi chiurghi plastici della Florida, chiamati d’urgenza a ricostruire cascanti senilità dorate. Siamo pessimi, è vero. Ci è sembrato anche di ricordare delle sue dichiarazioni non proprio concilianti in tema di "musica dei giovani" e di "discoteche". E - neanche a dirlo - ci è subito tornata in mente quella pubblicità in cui il bouquet di dieci tipi di malto di un certo whisky (forse lo stesso che i gggiovani ddddrogati tracannano a garganella prima di schiantarsi all’uscita del Cocoricò) era paragonato dal popolare cantautore genovese ad un accordo ben riuscito. Ovviamente non c’è nulla di male (e ci mancherebbe) a incassare mensilmente l’equivalente di diciassette reincarnazioni e mezza dei Tortoise. Era solo per ricordarci di mantenere, nelle cose, le giuste proporzioni. Anche a Natale.]

(da: Rumore, dicembre 2000)