All hail the Kaiser (well... me anyway) Questa è una scommessa a fondo perduto. Cioè: è abbastanza ovvio come il gruppo in questione (Kaier Chiefs, da Leeds, eroi di un club locale chiamato Pigs) abbia poche speranze di passare alla storia, fosse anche solo la storia ristretta al microcosmo del nuovo pop inglese di metà decennio. Quello che ce li rende irresistibili è una singola canzone, e la soddisfazione di poter dire (serenamente consci della pioggia di deprecazione che dire ciò scatenerà) che i Libertines, con tutto che sono i Libertines, una canzone così breve e perfetta e contagiosa ancora non l’hanno scritta. La canzone si chiama I Predict A Riot, e lasciamo pure stare il titolo, che dire evocativo è poco: è proprio la canzone che sa di vinile, di copertine fotocopiate, di tempi in cui i singoli erano quarantacinque giri e non pacchettini di bit a 99 centesimi, signora mia. Vale tranquillamente una Bricks And Mortar dei primi Jam, ma anche (spararla grossa per spararla grossa) una London Calling, perchè no. Tutti insieme adesso: «Leeds chiama, le città lontane...».
(da: Rumore, gennaio 2005) |
Throbbing Christmas Dice Ebbot Lundberg («chi?» il cantante dei The Soundtrack Of Our Lives, anch’io fino a cinque minuti fa ignoravo si chiamasse così, e sono certo che fra cinque minuti tornerò a ignorarlo), dice comunque Ebbot Lundberg sull’ultimo numero di Nme che United dei Throbbing Gristle«...dovrebbe, a parer mio, rimpiazzare definitivamente Jingle Bells come la “vera” canzone natalizia, quella che tutti in qualunque parte del mondo ascoltano durante le feste. Questo darebbe con ogni probabilità un po’ di speranza a molte persone, in quest’epoca oscura. E Genesis P-Orridge potrebbe essere ribattezzato Genesis S-Clause».
Certo, una bella botta di speranza. Al cui proposito: stasera, per chi c’è, si mettono i dischi al Barfly di via Chiabrera a Genova, come da tradizione antica quasi quanto il Natale stesso. Enjoy. |
We didn’t call it “blog”, at that time/2 Svegliato alle otto, con il suono della sveglia che sembrava arrivare da un altro pianeta o da un'altra vita. Sceso a Prati dove stranamente non c'era quasi traffico, e parcheggiato davanti alle Poste; poi litigato con la tipa dell'agenzia di viaggi per la fattura del volo di ritorno da Torino che loro sostengono di non dover emettere. Alla Feltrinelli di via Orlando comprato quattro copie di Tokyo Blues di Haruki Murakami, perchè ci sono ancora dei regali che devo fare, anche se non ricordo a chi.
Fatta colazione in un bar sotto i portici di Esedra, dalla cui ampia entrata si vedevano - racchiusi nella cornice del colonnato - quella cattedrale (credo) romanica di cui non mi ricordo mai il nome ed anche un ampio spicchio di cielo sereno. Bar enorme e semibuio, tranne che per la luce che filtrava dall'esterno, e stranamente vuoto tranne che per me ed un altro cliente a cui il barista continuava a ripetere «e nun te arrabià...».
Pomeriggio in redazione, fondamentalmente a non fare un cazzo (telefonate e fax di auguri non sono un cazzo?). Un'ora abbondante a scaricare dalla rete foto di Bridget Fonda per un flyer a cui sto lavorando. Parlato con la tipa delle previsioni del tempo del fatto che quando nascono i bambini si smette di fare regali agli amici e si comincia a farli ai loro figli.
Dopo il programma passato a prendere da Marco, temporaneamente (temporaneamente?) sfidanzato, con inedita accompagnatrice vagamente simile a Louise Wener degli Sleeper o a Julie la direttrice di crociera in Love Boat; non ho capito se ex-fidanzata, attuale amante o che altro. Nel deserto di Roma pre-Natalizia finiti al pub di piazza S.Andrea della Valle, affollatissimo in quanto apparentemente unico luogo aperto in tutta Roma o forse addirittura in tutto il Lazio. Quel posto è odioso, così andati via senza pagare e regalati invece i soldi delle tre birre ai barboni de Roma. Louise Wener Julie sembra simpatica: in cinque minuti mi ha spiegato la storia del canto gregoriano. Purtroppo così per strada era un po’ difficile prendere appunti. A fine giornata ci dovrebbe essere consentito di poter consultare le sbobinature di quello che ci è successo nelle ultime 24 ore, almeno i dialoghi, così da poter prendere appunti.
Poi siamo andati al Pantheon a sentire l'ultimo pezzo della messa di mezzanotte cantata. Strano il Pantheon illuminato dentro: ha una sfumatura giallo-arancio che non ti aspetteresti. Comunque la cosa più bella è che è davvero l'unica chiesa al mondo in cui la distanza e la distinzione tra dentro e fuori non sono così assolute, rimarcate ed invadenti. (Altra osservazione suggerita da Louise Wener Julie: una miniera). Fact: il buco sul cupolone del Pantheon in origine non c'era; lo hanno aperto durante la costruzione di S.Pietro, quando serviva della pietra per finire un lavoro e a quanto pare non c'era altro modo di procurarsela se non riciclandola da un altro monumento. Io (vaghi ricordi di Facoltà di Architettura peggiorati da cattiva memoria) ero convinto che ci fosse una ragione statica. Ma ci sarà un contenitore apposito per raccogliere l'acqua che cade dentro quando piove?
(mercoledì 24 dicembre 1997)
Test: how Closer can you get? Scegli il Closer che più ti rappresenta fra i tre proposti qui sotto e scopri, grazie allo staff di scientologi, psicoterapeuti e guaritori ayurvedici di Weekendance.com, lati della tua personalità che fino ad oggi forse nemmeno sospettavi di possedere!
Hai visto Closer, e ti è piaciuto da-mo-ri-re. Hai pianto e riso, ti sei commoss* entrambe le volte che è suonato il pezzo di Damien Rice: all’uscita dal cinema hai litigato con la persona con cui l’hai visto come pronosticato dagli articoli di Vanity Fair e Io Donna, e adesso ripeti ad ogni occasione la battuta chiave del film “ma cos’hai dodici anni?!?”. (L’hai ripetuta un paio di volte anche alla tua nipotina di dodici anni, che ti ha guardat* come fossi scem*, ma non importa). Eppure una volta non eri così, cazzo. Una volta... oh, vabbè. Per dirla con James Murphy: «I heard that you have sold your With The Lights Out box set to buy Sex And The City Season Six box set».
La finta spregiudicatezza del babbione Nichols non ti ha incantato: consideri Il Laureato il suo inarrivabile capolavoro - e, se uomo, Katherine Ross la donna più desiderabile che abbia mai camminato sul pianeta terra. Sei intimamente convint* che i suoi film successivi non c’è davvero motivo di vederli. Con i soldi risparmiati del biglietto (e con quelli che risparmierai quando usciranno i prossimi Antonioni, Wenders e Kar Wai) ti sei comprat* su eBay il cofanetto Heart & Soul e il dvd di Conoscenza Carnale. Buon divertimento.
Hai visto Closer, e sei uscit* dal cinema dicendo «Carina questa commediola, peccato per il lieto fine decisamente hollywoodiano e sinceramente poco credibile». Tornando a casa hai ripensato a quanto pellicole come questa siano ingannevoli nel dipingere un mondo ideale ed idilliaco in cui sono sempre i sentimenti e l’amore a trionfare. «Eeh», hai amaramente concluso, «se solo anche la mia vita sentimentale fosse semplice, felice e tranquilla come quella dei quattro protagonisti di Closer». Vabbè: almeno hai passato due ore divertenti. |
We didn’t call it “blog”, at that time/1 Come fanno i chirurghi quando hanno una di quelle giornate in cui tutto ti casca dalle mani (come a me oggi)? Classica giornata mestruale; malumore, insofferenza generalizzata, ignorato il telefono che suonava per tutta la mattina. Sepolto dietro il computer per tutto il pomeriggio fino alle quattro e mezza, da perfetto isolazionista. Poi, in preda alla depressione pre-Natale, andato a piedi fino a piazza del Popolo e poi via del Babuino, piazza di Spagna e via del Corso, sentendomi una barchetta di polistirolo espanso dentro un idromassaggio.
Visto il nuovo boutiquone della Onyx, quello di cui parlavano i giornali e che vorrebbe sembrare l'aeroporto di Tokyo: folla di commesse multietniche tutte con epidermidi inspiegabilmente poco curate, come fossero affette da qualche forma di vaiolo da rientro in atmosfera (le addestrano per nove mesi su Side 7 e poi le rimandano quiggiù?). Folla di sgamatissime Alicie Silverstone adolescenti che toccano tutto, provano tutto e intercalano in terrificante patois romanesco, giustamente senza stupirsi minimamente degli sforzi dell'Onyx-architetto, visto che scaffalature metafisiche, luci viola da forno a microonde e videoschermi nascosti dietro ogni maglioncino ormai non dovrebbero stupire più nessuno. La cosa più memorabile è una cabina in cui ci si può far fotografare e la fotografia viene ritrasmessa a intervalli con tutte le altre sui videoschermi in giro per il bottegone insieme al segno zodiacale, al nome del soggetto fotografato ed alle specifiche “from” e “hobbies”. Io volevo farmi fotografare con la dicitura “from: Mars”, come la canzone degli Ash, ma ho scoperto che per farlo bisognava essere possessori della Onyx Card. Visto il mood globale del pomeriggio, mi sono sentito molto deluso.
Successivamente, a casa, apice depressivo del ciclo mestruale; poi però inaspettata ripresa, al punto che alle dieci e mezza sono anche riuscito a leggere i giornali di oggi imparandone qualcosa e perfino a formulare un abbozzo di teoria sulle similitudini tra la scena di Chicago-Louisville e la genealogia dei paperi di Walt Disney. Disney ossessionato dall'assenza di radici sua e del suo Paese ha creato un mondo senza genitori, tutto fatto di zii e nipoti; Slint & co. ossessionati dalle loro complicatissime genealogie incrociate, mostrano un rapporto complesso e controverso con il “passato” in generale.
Ah, il nome della mia Spice Girl preferita è Mel-C (lo segno perchè sennò quando me lo chiedono non me lo ricordo mai).
(venerdì 5 dicembre 1997)
[che la geniale teoria che accomunava Chicago-Louisville a Paperopoli non sia andata oltre gli appunti presi la sera del 5 dicembre 1997 la dice lunga su quanto fosse geniale...] |
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