Shirley Manson e le altre ragazze interrotte del pop
 

di: Fabio De Luca




Madonna? Una star all’antica. Sovradimensionata, figlia dei tempi in cui essere star significava muovere lo stesso volume d’affari (e le stesse strategie gestionali) di un’azienda medio-grande. Oggi, con la crisi in agenda permanente, essere una star tipo Madonna - o Mariah Carey, o Gwen Stefani - è rischioso ed antieconomico. Meglio diversificare gli investimenti: tante piccole star anzichè una sola. Ecco allora, dalle periferie della musica pop, capitanate da Shirley Manson (che è il perfetto anello di congiunzione tra passato e presente) le nuove voci figlie della crisi. Artiste per cui la femminilità è spesso una complicata conquista, un gioco di equilibri e un continuo quotidiano compromesso. Creature imperfette, un po’ marziane: "ragazze interrotte" come quelle del film con Wynona Ryder e Angelina Jolie, ma anche meno prevedibili rispetto alle tradizionali star del pop.

Shirley Manson: la vendetta dell’adolescente disadattata.
Di Shirley Manson colpisce il rossetto: una sfumatura di colore che immagini abbia un nome pensato apposta per il mercato statunitense delle adolescenti disadattate, roba tipo "ruggine dopo la pioggia acida" o "campo di grano attorno ad una centrale nucleare". Poi le unghie, per le quali l’opzione colore nemmeno si pone, perchè sono dipinte di un nero che più nero non si può. Subito dopo, superata la diffidenza cromatica, uno si accorge della bomba sexy che c’è dietro. Bomba sexy con l’accento calcato più su "bomba" che su sexy, magari. Nel senso che c’è qualcosa di inesploso nella ragazza, di non disinnescato, un misto di rabbia, tormento ed energia, che sono poi - da che mondo è mondo - le classiche ragioni per cui si sale su un palco e si urlano delle cose dentro ad un microfono. Da circa una decina d’anni Shirley fronteggia una band dal nome assai poco promettente: Garbage, cioè "spazzatura". Una tipica invenzione anni Novanta: il capobanda dei Garbage, un signore chiamato Butch Vig che pare un incrocio tra Gabriele Muccino e il Diavolo, è stato il produttore di Nevermind dei Nirvana, il disco rock più importante degli ultimi vent’anni. E vestire i panni della (ex-)teenager disadattata a Shirley riesce bene come a pochi altri: le canzoni che canta hanno titoli meravigliosamente autolesionisti - "stupida ragazza", "felice solo quando piove" - e nelle interviste non manca mai di ricordare come la sua adolescenza sia stata un inferno di depressione, senso di inadueguatezza e non-accettazione del proprio corpo (poi rilascia anche dichiarazioni tipo "adoro quando tolgo i pantaloni ad un ragazzo e lui sotto non porta le mutande", ma questa è un’altra storia). C’è dell’ironia, ovviamente. Tipica ironia anni Novanta: cinica, alla Bart Simpson. Fedele alla propria linea Shirley ha da pochi mesi pubblicato insieme ai Garbage un disco intitolato Bleed Like Me, "sanguinare come me". Nelle interviste racconta che il disco è nato da riflessioni post-11 settembre sull’inutilità della musica pop, e da malanni di salute piuttosto seri che hanno colpito alcuni componenti della band, lei compresa. Vita vera, altro che scherzi. Le adolescenti disadattate di tutte le età sanno sempre perfettamente di cosa parla Shirley, e la amano per questo.

Goldfrapp: la cosa da un altro mondo.
Goldfrapp (che di nome fa Alison, ma obbliga tutti ad apostrofarla con il solo cognome) sembra piovuta da qualche pianeta delle amazzoni. O da un vecchio film sulla seconda Guerra Mondiale nel quale interpreta la spia infiltrata tra i nazisti. Nelle foto promozionali appare come una sorta di androide sessuato dall’epidermide meticolosamente levigata. Dal vero invece sembra un miracoloso incrocio tra Jodie Foster e Christina Ricci, e parla (a lungo) di come il ruolo dell’artista sia di trascendere i limiti corporei dell’esistenza. Poi però, tanto per ricordarci che comunque anche lei è una ragazza di questo mondo, in repertorio ha una versione meravigliosamente gelida e lontana di Pysical di Olivia Newton-John. Il disco in uscita ad agosto si intitola, non per caso, Supernature.

Roisin Murphy: la musa ispiratrice.
Al contrario Roisin Murphy è molto terrena, materiale. Il suo ex compagno in una band chiamata Moloko lo ha abbordato lei, in un pub a Sheffield, chiedendogli "ti piace la mia maglietta stretta?". Più di recente sempre in un pub, ma stavolta a Londra, Roisin ha abbordato il pittore Simon Henwood, idolo della critica d’arte militante inglese, suggerendogli di diventare la sua musa ispiratrice. Detto fatto: la veste grafica del nuovo album Ruby Blue e relativi videoclip sono opera di Henwood. L’importante è scegliersi il mentore giusto, no? E Roisin sa scegliere. A produrle il disco - ad esempio - ha chiamato uno il cui nome al mondo civile dirà poco o nulla, Matthew Herbert: uno che il mese scorso al Sónar, l’annuale Festival della Musica Elettronica a Barcellona, ha allestito una performance in cui una cuoca cucinava mentre lui processava elettronicamente il suono degli spignattamenti. Non è dato sapere se anche Herbert sia stato abbordato in un pub.

Coco Rosie: i giocattoli sull’Arca di Noé
La vita è un film: due sorelle newyorkesi, Sierra e Bianca Cassidy, si perdono di vista per diversi anni, poi si ritrovano a Parigi, per caso. Cominciano a suonare insieme, canzoncine stralunate accompagnate da strumenti giocattolo: molto "di strada", solo che anzichè le stazioni della metroplitana le due frequentano il giro delle gallerie d’arte e della musica d’avanguardia, di cui in pochi mesi diventano il volto più noto (e presentabile). Il gioco si fa serio. A settembre esce il loro secondo album, intitolato Noah’s Ark, "l’Arca di Noé".

Scout Niblett: bambina isterica in un corpo di donna.
La vera "ragazza interrotta" del gruppo. Viene da Edimburgo, sul palco è da sola, vestita con una parrucca bionda alla Meg Ryan. Guarda fisso nel vuoto e urla, percuotendo un grosso tamburo; oppure sussurra con un filo di voce delle minimali e molto poetiche ninne-nanne. Dipende dai casi (o dal dosaggio degli psicofarmaci?). Proprio perchè pare non reciti - ma che la parte della bambina isterica imprigionata in un corpo di donna le appartenga naturalmente - affascina, e un po’ fa paura. Il sospetto però è che, al di là delle apparenze, Mariah Carey sia molto più fuori di testa di lei: solo che non lo da a vedere...

(da: Io Donna, 9 luglio 2005)