Kasabian: il Gabibbo e Charles Manson
 

di: Fabio De Luca




Il nome già suonava come un indizio: Sergio Lorenzo Pizzorno, mica un John Smith qualsiasi. Ma è faccia a faccia che la verità su mr. Pizzorno - chitarrista dei Kasabian, la band su cui tutti in Inghilterra scommettono come fenomeno prossimo venturo - viene fuori. "Mio nonno era di Genova" racconta, "è venuto in Inghilterra durante gli anni Sessanta, per lavoro. Ha conosciuto una ragazza di qui e... sai come succede, si è sposato". Evviva gli sposi, dunque. E due generazioni dopo ecco questa specie di Vincent Gallo mezzo genovese e mezzo di Leicester, che ovviamente non parla una parola di italiano. O meglio: le sole tre parole che sa te le dice pure, e tutte insieme, per togliersi il pensiero. Te le dice con un accento che sembra il Gabibbo, roba che ti verrebbe da chiedergli se si senta più influenzato da Fabrizio De André o da Bruno Lauzi. Invece no: se si parla di influenze musicali Sergio non conosce altre radici che non siano quelle d’oltreoceano. "Hai presente i Primal Scream? Loro sono i migliori, il più perfetto crossover tra rock e dance che si sia mai ascoltato. Dopo i Rolling Stones ovviamente". Proprio la quadratura del cerchio tra rock e dance sembra essere la missione dei Kasabian: il loro omonimo album di debutto suona come la perfetta somma di Suede, Verve ed Happy Mondays con un seducente sottofondo di macchine elettroniche. "E’ che siamo cresciuti in mezzo tra il brit-pop e la techno hardcore" dice Sergio: "per noi non c’era veramente alcuna differenza, era il nostro mondo. Ascoltavamo gli Oasis e al tempo stesso eravamo affascinati dai rave, dal loro alone di illegalità e mistero, anche perchè eravamo troppo giovani per poterci andare. Il mio primo rave è stato a quindici anni, quando un amico mi ha fatto entrare di nascosto. Se mi beccavano avrei passato un guaio, perchè ero minorenne: così sono rimasto lì per mezz’ora, immobile, a guardare le ragazze che ballavano e la gente strafatta di extasy. Poi sono scappato perchè avevo paura che mi scoprissero". Il primo concerto di Sergio, invece, è stato una (a sentir lui memorabile) esisibizione londinese degli Oasis con i Verve a fare il gruppo di spalla, in piena epoca brit-pop. "Vederli è stato capire che quello che avrei voluto fare per il resto della mia vita era esattamente quello che facevano loro, che il palcoscenico era il solo posto al mondo nel quale volevo stare". Missione compiuta: ed a tempo di record, pure. "Si", dice Sergio, "adesso siamo una vera band: in meno di sei mesi siamo passati da quindici persone dentro un pub al tutto esaurito alla Brixton Academy, e questo in effetti può farti perdere il senso della misura. La nostra soluzione è semplice: evitiamo di pensarci". Tutto tranquillo, dunque, in casa Kasabian. L’unico problema, al momento, potrebbe arrivare da qualche integralista che volesse fare le pulci alla provenienza del loro nome. Linda Kasabian, infatti, era una delle "ragazze" del pluriomicida Charles Manson (l’unica - però - ad aver abbandonato la setta prima dell’apocalisse finale). "E’ curioso", dice Sergio, "perchè in armeno Kasabian significa macellaio, mentre Linda è stata l’unica della setta di Manson a non macchiarsi di omicidio". Che dietro quest’apparenza di pacifici brit-popper si nascondano dei morbosi cultori di sottoculture scomode? Sergio giura di no. "Siamo le persone più pacifiche del mondo. Il nome l’abbiamo scelto così, leggendo un libro: speriamo di non dovercene pentire". Buona fortuna.

(da: Musica di Repubblica, 9 dicembre 2004)