Franz Ferdinand: il successo è una cosa che succede
 

di: Fabio De Luca




Breve riassunto per chi fosse arrivato oggi da Marte, o più semplicemente si fosse disinteressato alle cose della musica negli ultimi undici mesi: i Franz Ferdinand sono un quartetto di poco più che ventenni provenienti da Glasgow. Suonano "rock", per quanto generico il termine possa sembrare nel 2004. Rock squadrato ed efficiente, declinato a una maniera che sembra quasi voler provare a riannodare i fili con la vecchia new wave inglese (quella nervosa ed oscura di gente come Joy Division e A Certain Ratio, non quella dandy e gioviale che passava anche a DeeJay Television). I Franz Ferdinand sono, a detta di molti, "il gruppo dell’anno" del 2004. I magazine di moda li schiaffano in copertina celebrandone lo stile sobrio e quasi un po’ severo. Le riviste musicali li adorano. Le fanzine iper-specializzate diffidano di tutto l’hype che li ha avvolti sin dalla prima comparsa sulle scene, ma alla fine anche loro li adorano. L’album con cui hanno esordito nel febbraio di quest’anno (si intitola con gran sforzo di fantasia Franz Ferdinand) ha venduto circa due milioni di copie. Un paio di mesi fa si sono portati a casa il Mercury Prize, l’annuale premio assegnato al nome più rappresentativo dell’industria discografica britannica. E domani sera, per finire, sono in lizza agli European Music Awards di Mtv con ben tre nomination: "Best Alternative Act", "Best New Act", "Best Uk and Ireland Act". Tutto in meno di dodici mesi. La cosa però - strano ma vero - non sembra preoccuparli, nè stupirli, più di tanto.

"Il successo è una cosa che succede" ragiona Alex Kapranos, cantante dei Franz Ferdinand, al telefono da Parigi: "non ti metti a scrivere canzoni dicendo "voglio avere successo". Forse c’è qualcuno che lo fa, ma non è il nostro caso". E dovesse invece succedere di avere successo? "Dovesse succedere, la cosa migliore sarebbe farci caso il meno possibile". Detto da uno che un anno fa non era nessuno, mentre ora digitando il suo nome su Google vengono fuori 14.200 risultati (cioè esattamente un decimo di quanti ne verrebbero fuori digitando "John Lennon"), è una risposta di un certo peso. "Il successo è un test del carattere" continua Alex: "mette alla prova la tua capacità di relazione. Quando hai successo sei costantemente circondato da persone il cui lavoro consiste nell’avere la totale gestione del tuo tempo, nel convincerti a farti fare il quintuplo delle cose che è materialmente possibile fare in ventiquattr’ore. Devi imparare a dire "no" quando è necessario". E quando neanche dire di no basta più a salvarti dalla catastrofe? "Fare finta di essere un osservatore esterno: guardare alle cose come le si guardasse dal di fuori. E’ una regola che vale per qualunque situazione che contempli una qualche forma di coinvolgimento emotivo: l’amore ad esempio. E’ bellissimo essere convolti emotivamente, ma devi stare attento. Talvolta basta allontanarsi per cinque minuti e tutto torna ad essere ok".



Avevamo lasciato il rock inglese in balia di una masnada di zotici ubriaconi attaccabrighe chiamati Oasis (e del loro tenero equivalente universitario, i Blur): lo ritroviamo nelle mani di una band il cui cantante, intervistato questo mese dal mammasantissima delle riviste di moda V Magazine, intrattiene l’intervistatore per diverse cartelle sul tema "Rodchenko e l’Utopia Construttivista", mentre non più tardi di sei mesi fa è stato chiamato insieme a tutta la band a fare il guest-editor della sezione arti & cultura del quotidiano inglese The Guardian. Il tutto senza sembrare per forza un fighetto intellettuale. Anzi: continuando a far scrivere di sé e della propria band che "sono la cosa più stilosa dai tempi Roxy Music". Un miracolo, forse. Giovani, forniti di stile e sex-appeal, baciati dal successo e in grado di articolare dei ragionamenti sensati anche su temi extra-musicali: un caso più unico che raro. Una spiegazione prova a trovarla lo stesso Alex: "Essere una band è parte di un contesto culturale molto più ampio che non riguarda soltanto la musica: c’è una "consapevolezza visiva" che riguarda il modo in cui una band si veste, il design delle copertine. Pensa agli Smiths, a come hanno raccontato una storia estetica con le loro copertine. Ma anche tutte quelle band - Talking Heads, gli stessi Roxy Music - che manifestavano la propria ribellione in un modo più sottile rispetto a quanti si limitavano a vestire semplicemente dei jeans strappati o un giubbotto di pelle". E che c’azzecca allora l’essere una rock-band con il parlare di mostre d’arte sulle pagine del Guardian? "Poter parlare di ciò che ci interessa anche al di là della musica è una magnifica opportunità. Perchè siamo convinti che il pubblico di chi compra i nostri dischi è fatto - esattamente come noi - di persone che oltre ad ascoltare musica vanno al cinema, alle mostre d’arte, leggono libri. Quando fai musica le influenze che ti guidano non vengono mai soltanto da altra musica, ma da tutto quello che c’è attorno. Altrimenti tutto rischia di diventare estrememente bidimensionale, e noioso".

Bravi, bravissimi: al punto che vien quasi voglia di coglierli in fallo. Saranno almeno stati perseguitati dai tabloid inglesi? Macchè: nonostante l’interesse manifestato nei loro confronti dalla star-fucker per eccellenza, la modella sottopeso Kate Moss, i Franz Ferdinand non hanno nemmeno alimentato scandali o pettegolezzi. "Ho una ragazza" confessa Alex, "e sarà naif dirlo, ma le sono fedele. So come vanno le cose: so che ci sono ragazze che farebbero qualsiasi cosa pur di stare in un backstage e musicisti che sono ben contenti di approfittarne. So anche che non mi sentirei a mio agio con me stesso a comportarmi così, ma forse non faccio testo". E qui Alex firma - se ancora ce ne fosse bisogno - il suo definitivo ingresso nell’Olimpo dei cuori femminili. "Perchè sono una persona romantica", dice: "preferisco essere innamorato". C’è tutto un mondo di piccole cose (personali) in una dichiarazione come questa, e la novità è che ora si può anche professarsi innamorati, acculturati, normali, ed essere ugualmente - e credibilmente - rock’n’roll. Che sia questa la rivoluzione? "La cosa più bella", conclude Alex, "è pensare che qualcuno dopo averci visto decida di prendere in mano una chitarra e cominci a suonare. È importante far passare l’idea che il pop non lo fanno delle strane creature - delle "star" - ma delle persone assolutamente normali, come noi, che un giorno decidono di prendere in mano una chitarra". Addio per sempre Oasis, benvenuti Franz Ferdinand. E in bocca al lupo per stasera.

(da: Musica di Repubblica,18 novembre 2004)