Radio Dept.: Radio Free Sweden
 

di: Fabio De Luca




E’ tutto sommato un mondo meraviglioso quello nel quale anche un disco in definitiva piuttosto oscurantista, un disco di feedbacks e sognanti melodie, in più vecchio di un anno e mezzo e come tale ormai consegnabile agli annali delle discografie amatoriali, laddove non batte il sole dell’avvenire, un disco così diventa invece improvvisamente, nel giro di un mese, il "caso" di cui tutta la stampa alternativa europea parla. Il caso si chiama Radio Dept., e la loro storia inizia in Svezia nel 1995. Ad essere sinceri non è che dal 1995 ad oggi succeda poi molto: un Ep, quindi l’album Lesser Matters, quello che - ripubblicato quest’estate dalla XL - ha generato il polverone europeo di cui sopra. Di buono c’è che per una volta il nostro allegro stivale si è trovato in pole position nel prendere atto del fenomeno allo stato nascente. La data bolognese della scorsa primavera, voluta fortissimamente dai nostri Polaroidi preferiti e fortissimamente sostenuta dalla blogsfera tutta a colpi di banner e permalink, è stata un microevento di quelli che danno ancora un senso alla nozione di DIY "buono" (fatelodavoi perchè se aspettate che sia qualcun’altro a farlo state freschi, della serie). E non è mica un caso, infatti, se ricordando quel weekend Johan Duncanson al telefono da Malmo dice che "a Bologna è stato come essere a casa!".

Nella mezz’ora in cui si chiacchiera, Johan Duncanson al telefono da Malmo ride parecchio e ovviamente non si vede perchè non dovrebbe, visto il momento magico che - quasi senza cercarselo - sta vivendo la sua band. Gli si chiede se tanta attenzione non rischi di compromettere il loro pacifico stile di vita. E lui, divertito: "stiamo vivendo un momento abbastanza strano. Tutti ci intervistano, tutti ci chiedono cose, e questo naturalmente è bello, ma al tempo stesso è come se... non so, non voglio dire che è come se non ci riguardasse, ma in Svezia non è cambiato nulla nei nostri confronti, quindi ci è difficile renderci conto dell’interesse che sembra esserci all’estero. Leggiamo le recensioni che escono sulle riviste inglesi, ma non ci sentiamo come una band che ha appena fatto un disco". Ragion per cui adesso tutti i momenti in cui non sono a Bologna nel salotto di casa Compagnoni o in altri salotti analoghi nel resto del pianeta, i Radio Dept. li passano in studio a registrare un Ep la cui uscita è prevista in inverno, e per il momento soltanto in Svezia. "Servirà soprattutto a noi, per fare il punto della situazione, e non sarà molto diverso da ciò che già era su Lesser Matters" rassicura Johan. Sugli sviluppi futuri del "suono", invece, dice che "stiamo lavorando sulla combinazione tra stumenti acustici, suoni elettronici e chitarre distorte. È una combinazione dalla quale potrebbe uscire qualcosa di interessante". Che detta così ("i Radio Dept. incontrano l’elettronica") non sembra esattamente una di quelle notizie destinate a toglierci il sonno, ma provate a leggerla alla luce di quello che JD aggiunge cinque minuti dopo.

E cioè: interrogato su quale sia stata - se una ce n’è stata - la band che lo ha influenzato al punto di prendere in mano gli strumenti e blah blah blah, Johan Duncanson al telefono da Malmo ha così risposto. (Premessa: ovviamente uno si aspetta i Beach Boys, i My Bloody Valentine, al limite, ma proprio al limite, i Beatles. Invece quel tomo risponde:) "Dovessi fare un nome direi i Pet Shop Boys. Erano i miei preferiti quando ero un ragazzino, e ancora adesso li considero una grande influenza". Amici lettori che da anni seguite con fiducia ed attenzione queste pagine: me lo sono fatto ripetere due volte. Ha detto proprio "i Pet Shop Boys". Gliel’ho chiesto anche una terza volta al termine della chiacchierata ("ehm, before, you said Pet Shop Boys didn’t you?" "yes"). Ho conservato il nastro. Ora: può anche darsi che sia un singolare caso di omonimia, che magari Johan Duncanson al telefono da Malmo si riferisse ad una oscura band locale (diciamo una cosa tipo Pötteshüpp Boys) la cui pronuncia in svedese coincide curiosamente con l’ameno duo inglese, ma non credo (del resto: se Quentin Tarantino a Venezia si butta ai piedi di Barbara Bouchet dicendole "sei tu la mia icona!" non si capisce perchè Johan Duncanson non debba poter coltivare la passione per Neil Tennant etc etc etc). Recapitolando: "li ho ascoltati per così tanti anni", continua Johan Duncanson al telefono da Malmo, "che penso siano proprio stati la più grande influenza musicale di tutta la mia vita. Poi, certo, c’è stata la band a cui tutti sempre ci paragonano, i My Bloody Valentine. Ma è diverso, perchè quando i MBV erano in giro e facevano dischi io e Martin eravamo troppo giovani per conoscerli, e quindi un disco come Loveless l’ho scoperto soltanto nel 1999. Sono anche loro un’influenza, certo. Anche se di base ciò che io e Martin ascoltiamo è soprattutto musica "pop". Anche elettronica: i Kraftwerk li considero un’altra significativa influenza sulla mia vita. Dovessi dirti qualcosa che invece non ascoltiamo direi il rock, la musica basata sui riff".

Comunque sia, certo è che lassù a Malmo ce la si prende comoda. Creati nel 1995, il primo concerto dopo due anni, sette prima della pubblicazione di un disco... "So che può sembrare così", ride JD, "ma ti assicuro che è vero solo in parte. Quando ho creato la band, nel 1995, avevo sedici anni: eravamo solo un gruppo di amici, e tutti quanti suonavamo anche in altre band. Poi nel 1998 ho incontrato Martin, ed abbiamo cominciato a suonare insieme. Abbiamo recuperato il nome Radio Dept., anche se l’unico legame con la band precedente era, appunto, il nome. In quel momento sia io che Martin suonavamo anche in altre band, e questo probabilmente ha rallentato il processo di crescita dei Radio Dept, finchè un giorno ci siamo resi conto che questa era la band nella quale ci divertivamo di più a suonare. Credo sia stata una crescita individuale che ci ha portato a fare questa scelta. E’ stato un passaggio importante. Retrospettivamente, adesso capisco che il mio vero problema, quando ero molto giovane, era il non avere il fegato di fare delle scelte: ad esempio rimanevo coinvolto a suonare in band che non mi interessavano solo perchè non avevo il coraggio di dire "basta"". Materiale buono per un cofanetto di early tapes prossimo venturo? "Uhm, non credo proprio. La prima versione dei Radio Dept. suonava una musica molto... molto giocosa, divertente. Non eravamo ancora seri come siamo diventati dopo, eh eh eh. Devo dire che a ripensarci adesso anche i primi Radio Dept. non erano affatto male come band!". Già, ma a dire il vero una band scrausa di nazionalità svedese non è ancora capitato di sentirla. Com’è ’sta storia Johan? "Qui dicono che sia perchè in Svezia ci sono delle buone scuole di musica, ma io sono convinto che la ragione sia un’altra. Il fatto è che in Svezia ci sono da sempre un paio di eccellenti riviste musicali che anno dopo anno hanno fatto conoscere agli appassionati svedesi il meglio della musica che c’era in circolazione, e che li hanno anche ispirati a diventare essi stessi musicisti". Tu per primo, Johan? "Assolutamente si! E poi non dimenticarti di un particolare fondamentale...". Cioè? "Gli svedesi, questa è una cosa che non si sa molto in giro, ma sono da sempre bravissimi a copiare tutto quello che viene inventato all’estero. Mobili, vestiti, qualunque cosa. Anche il rock’n’roll...".

(da: Rumore, ottobre 2004)