Lollapalooza: una Woodstock per la Generazione X
 

di: Fabio De Luca




L’idea lo ha fulminato nel dormiveglia, in uno di quei momenti di semi-lucido fluire del pensiero in cui sembra - a volte - di poter arrivare a cogliere l’essenza delle cose. Nel 1991 Perry Farrell decide di sciogliere la sua band, i Jane’s Addiction, una decisione meditata nel corso del lungo tour successivo all’uscita dell’album Ritual De Lo Habitual del 1990, decisione che fra l’altro arrivava (non per caso) nello stesso anno in cui i Nirvana sbancavano le classifiche planetarie con Smells Like Teen Spirit e in cui il "rock" tornava ad essere una forza trainante del mercato e dell’immaginario. Farrell - è lui stesso a dichiararlo - temeva la pressione che deriva dalla notorietà, e in quando a notorietà era ovvio che i Jane’s Addiction stavano avviandosi ad essere secondi solo ai Nirvana. Coerenza da paladino dell’indie-rock o semplice ansia da prime-time che fosse, Farrell decide che stop, basta con i Jane’s Addiction. Ci vuole però un adeguato gesto conclusivo, se non altro per rispetto verso i fan: un tour d’addio ad esempio. E’ a questo punto che Farrell concepisce il Lollapalooza. Perchè - si chiede Farrell - un semplice tour di una sola band, che fa così autocelebrazione? Perchè non qualcosa di molto più grande, qualcosa di epocale, di simbolico? Ecco il Lollapalooza, un’idea talmente grossa e complessa (pur nella sua semplicità di fondo) da faticare ancor oggi a capire come Farrell sia riuscito a metterla in piedi ed a gestirla per sette anni consecutivi. Lollapalooza ha coinvolto la scena del rock "alternativo" tutta intera, senza pregiudizi di genere o stile. Al Lollapalooza si sono visti e avvicendati - tra i tanti - emergenti come Babes In Toyland, Flaming Lips e Soul Coughing, classici come Beastie Boys, Siouxie & The Banshees e Soundgarden, oltre agli eroi indiscussi del rock anni Novanta: Red Hot Chili Peppers, Pearl Jam e Sonic Youth.
Il modello nella testa di Farrell era il festival inglese di Reading, soprattutto la sua atmosfera freakedelica, ma Farrell voleva di più: voleva che fosse il festival ad arrivare alla gente. Da qui l’idea di farlo itinerante, pronto a battere in lungo e in largo l’America. E poi l’altra idea, quella di farne un happening non soltanto musicale ma anche sociale e politico, da cui il corollario di stand dell’associazionismo più eterogeneo (da Rock The Vote ai collettivi abortisti pro-choice ai network per la liberalizzazione della cannabis) e di artisti di strada, come si fosse in una vecchia fiera di paese. "Una Woodstock per la generazione X" disse qualcuno: ma la sostanziale differenza fu che Lollapalooza non segnò la fine di un’epoca e di un sogno di creatività e democrazia (come Woodstock, atto finale degli anni Sessanta), ma rappresentò al contrario un momento di grande espansione, visibilità e persino "successo" per le culture antagoniste e alternative d’America.
Ma ad ogni espansione corrisponde una contrazione, e come il rock alternativo di cui fu vetrina e grancassa anche la curva del Lollapalooza fu tutta in discesa. Nel 1998 l’assenza di un headliner all’altezza del festival convince i successori di Farrell (che nel frattempo aveva lasciato la direzione artistica del festival) a cancellare il Lollapalooza. Ci sarà un revival nel 2003, mentre la annunciata edizione dell’estate 2004 verrà cancellata in primavera a causa delle prevendite nettamente sotto la soglia delle aspettative. Tutti a casa: la festa è finita.

(da: Rolling Stone: i 50 momenti rock, dicembre 2004)