Mò Wax: non necessariamente trip-hop
 

di: Fabio De Luca

"Fumare per credere" direbbe qualcuno a proposito del neo-genere più chiacchierato degli ultimi tempi, il cosiddetto "trip-hop". L’ultima moda, certo: una variante in slow-motion dell’acid-jazz meno stupidotto, hip-hop rallentato, dilatato e virato King Tubby (come dire "dub", quello delle origini). Soprattutto musica "da viaggio", però, con tutti i doppi sensi che possono venirvi in mente. Lunghi tappeti strumentali, fusion marziana con i rumori delle astronavi missati appena sotto la soglia di udibilità. La musica più "mentale" ma al tempo stesso fisica (il basso dub che ti arriva direttamente nello stomaco) che ci sia in circolazione oggi. Sun Ra c’entra, e più di quanto si sarebbe portati a credere.
Il "trip-hop" nasce da un lavoro di estremizzazione sulle basi strumentali dell’hip-hop. Roba di campionamenti, quindi; di suoni che entrano nelle macchine e quando escono non sono più gli stessi. Sono mutati, mutanti, "altri". Lost And Found di DJ Shadow, un classico del genere, campiona (è riconoscibilissima; provate a suonarlo quando la pista è piena) la batteria di Sunday Bloody Sunday degli U2, la mette in loop e la lascia così, nuda, appena un filo di synth riverberato. Al quarto, quinto passaggio, nella testa di chi ascolta quella che "era" la batteria degli U2 si è trasformata in qualcosa d’altro. Un tappeto ritmico senza tempo, un viaggione nello spazio interiore. Dichiarava mesi fa il super-produttore "jungle" inglese Goldie che "tutto consiste nel far mutare il campionamento. Se io prendo il tuo suono, lo campiono, lo modifico e te lo restituisco, probabilmente tu nemmeno lo riconoscerai". Lavorando sulla "dilatazione" del continuum spazio/temporale, come fosse un racconto di William Gibson o di Philip K. Dick, il "trip-hop" ipotizza nuovi spazi espressivi tutti da esplorare...

James Lavelle è nato ad Oxford 22 anni fa. Praticamente un ragazzino. Un ragazzino che però all’età di 10 anni già si faceva le sue cassettine di "electro" (il rap con cui si ballava la breakdance, ricordate?), a 13 lavorava in un negozio di dischi a Londra, a 16 faceva il dj ed a 19 fondava la sua etichetta discografica la Mò Wax. Mò Wax, per la cronaca, sta per "movin’ wax", cioè "lacca in movimento", laddove per lacca si intende il caro vecchio scricchiolante vinile che gira sui piatti. La Mò Wax produce essenzialmente vinile, per lo più nel formato 12", e le confezioni in cui sono racchiusi i dischi non sono mai casuali: per l’etichetta di James Lavelle (lui stesso in passato è stato un graffitista di buon livello) lavorano a tempo pieno alcuni tra i maggiori artisti visivi della generazione "stradaiola" americana e britannica. Swifty, Futura 2000 e 3-D dei Massive Attack fra gli altri, ed ogni copertina (dalle prime che riprendevano in chiave "pop" l’estetica della Blue Note alle ultime più visionarie) è una storia a sé ed un piccolo pezzo da collezione.
Mò Wax è però soprattutto l’etichetta in seno alla quale è nato e si è sviluppato l’intero movimento "trip-hop", anche se Lavelle avrebbe parecchio da ridire su questa definizione. "Detesto il termine trip-hop" dice infatti, "è una definizione stupida e limitativa; se proprio dovessi definire lo stile dell mia etichetta userei piuttosto termini come "hip-hop astratto", "avantgarde hip-hop"...". Sulle copertine dei suoi dischi, intanto, si leggono messaggi tipo "Questa è l’espressione musicale di un’emozione: hip-hop con l’anima. Non tentate di restringere il campo, lasciatevi andare...". Il catalogo della Mò Wax continua intanto a crescere: un buon modo per familiarizzare con gli eclettici standards dell’etichetta di James Lavelle è recuperare l’ormai epocale compilation Headz: A Soundtrack Of Experimental Hip Hop Jams uscita sul finire dello scorso anno, o magari il secondo volume della medesima Headz 2 in uscita proprio in questi giorni. Un intrigante progetto Mò Wax che vedrà la luce nei prossimi mesi è invece l’album di remix (?!) del meno terrestre tra i jazzisti che abbiano mai calcato il suolo del nostro pianeta, Sun Ra. Per l’occasione Lavelle ha già contattato i talenti obbliqui di Björk e di Thurston Moore dei Sonic Youth. Il free-jazz sfiora le mani all’avanguardia hip-hop. Soltanto una raccomandazione: non chiamatelo "trip-hop"...


10 MÓ WAX CLASSICS
compiled by dj THE DUBMASTER SPILLUS
1) DICK-O-TOM-X Trip your dick (No Smoke Mix)
2) U.N.K.L.E. If you find earth boring
3) DJ KRUSH Kemuri
4) THE PRUNES The plot
5) PALM SKIN Just tryin’ to live (Space side)
6) IO Clair (Mark Brown remix)
7) AWUN SOUND Symmetrical Jazz (Flapper Till Jam mix)
8) M.F.OUTA’NATIONAL Miles out of time (Astrocentric mix)
9) TRANQUILLITY BASS They came in peace
10) DJ SHADOW Lost and found


(da: Dance Music Magazine, ottobre 1995)