(think fast, fail fast, fix fast)


Yesterday's Papers

(Re)Light My Fire: ce ne frega ancora qualcosa dei Doors? (Hot)

Trentemøller, il Vasco Rossi della techno (Hot)

I ♥ Pet Shop Boys (nonostante tutto...) (Hot)

The Hours: Damien Hirst ha fondato una band (o forse no) (Hot)

SXSW: la volta all'anno che Austin diventa la capitale dell'indie mondiale
(Repubblica XL)

Bob Marley: la leggenda del santo fumatore (Io Donna)

Mile High Punk: ragionare sui Sex Pistols a 10.000 metri d'altezza (Hot)

Lacuna Coil: la cui cantante, nel caso non si fosse capito, è gnocca (Repubblica XL)

Jim Kerr: che voleva dire, esattamente, "nuovo sogno dorato"? (Io Donna)

Coldcut: "È imprevedible quello che succede quando il suono incontra la vita" (Hot)

45giri: il formato che doveva morire (Hot)

Hard-Fi: quelli che Scarlett Johansson non ha mai sentito nominare (Repubblica XL)

Incontrare Ursula Rucker e chiederle: "ma tu scrivi prima la musica o i testi?" (Hot)

Arctic Monkeys: come internet trasformò un cartone animato in realtà  (Repubblica XL)

Tiga: "la prima volta che ti chiedono un remix è come la prima volta che baci una ragazza" (Hot)

Da Brian Eno ai Franz Ferdinand: di che cosa parliamo quando parliamo di "art-rock"? (Hot)

The Strokes: “il CBGB's? che si fotta” (Repubblica XL)

Confessions On a Dancefloor: Madonna e l'ultimo capodanno dell'umanità  (Hot)

Mister Cartoon: il tatuatore più famoso del mondo e il suo ferro da stiro (Hot)

Art Brut: "abbiamo formato una band" (Hot)

Ozzy Osbourne: un vecchio zio nella casa degli orrori (Repubblica XL)

Tracey, Damien e Grayson: sai tenere un Segreto? (Io Donna)

Scuola Furano: fuga dalla scuola media (Hot)

Roisin Murphy: quella sua maglietta stretta (Rolling Stone)

Violante Placido, per gli amici Viola (Io Donna)

Joy Division, the movie: non esattamente Last Days, e nemmeno The Doors (Hot)

30 domande a... WhoMadeWho (Hot)

Allun, Offlaga, Uochi Toki e gli altri: marziani italiani (Repubblica XL)

Devendra, Sufjan, Rufus: le radici in un passato immaginario (Hot)

Sigur Ros: niente più strategia dell'oscurità , o quasi (Repubblica XL)

Arcade Fire: sette musicisti, tre funerali e un matrimonio (Repubblica XL)

C30-C60-C90: il culto del mixtape (Hot)

"Piripiri-piripiri-piripiri-pi": più famosa di Yesterday dei Beatles (Io Donna)

Tosca + The Dining Rooms: due dischi, quattro musicisti e sette bambini (Hot)

E arrivò il giorno in cui i lettori del Corriere conobbero le Coco Rosie... (Io Donna)

Tattoo You: sì, nel 2005 c'è ancora qualcuno che scrive articoli sui tatuaggi (Hot)

Springsteeniani d'Italia: il culto di Bruce (Io Donna)

From Genesis to revelation: la dj-culture scopre il prog? (Hot)

It began in Ibiza: la Summer of Love e tutto il resto (Hot)

A Grottaferrata, a sentire il nuovo album dei Subsonica, mentre loro mi guardano strano (Rolling Stone)

Joss Stone: mind the Gap, please (Io Donna)

Red Bull Music Academy: la scuola per dj più pazza del mondo (Rolling Stone)

Sk8r boi 2005: la musica che gira intorno allo skate (Hot)

Antony & The Johnsons: "volevo essere Isabella Rossellini" (Rolling Stone)

Coldplay/Guns'N'Roses: scusate il ritardo (Io Donna)

World Wide Clubbing: prima viaggiare, poi ballare (Hot)

Moby: "voglio vivere come dentro una tomba"
(Io Donna)

Discoinferno: i dieci anni che cambiarono il clubbing a NY (Rolling Stone)

Belle de Jour: "anal sex is the new black" (Io Donna)

Optimo: i biscotti per cani e il futuro del djing (Hot)

Polyphonic Spree: il meraviglioso mondo di Tim DeLaughter
(Musica di Repubblica)

Mercury Rev: in segreta migrazione (Rumore)

EMA: (mica tanto) European Music Awards (Io Donna)

White Stripes: i Kraftwerk del 2000? (Rolling Stone)

Kasabian: il Gabibbo e Charles Manson
(Musica di Repubblica)

The Cure: la vita è un lungo fascinoso imbrunire
(Rolling Stone)

Miss Violetta Beauregarde: ultra-Violetta! (Rumore)

Franz Ferdinand: il successo è una cosa che succede
(Musica di Repubblica)

Lollapalooza: Woodstock per la Generazione X
(Rolling Stone)

Io tigro, tu tigri, loro Le Tigre... (Rumore)

Duran Duran: Wild Boys vent'anni dopo
(Musica di Repubblica)

Radio Dept.: Radio Free Sweden (Rumore)

Milano-Roma-Barcellona: trans Soulwax express (Rumore)

The Libertines: "vuoi sapere che si prova ad avere nella band un potenziale Sid Vicious?"
(Musica di Repubblica)

Gabrielle Drake: Pink (Moon)base
(Rolling Stone)

Janet Jackson: e Dio creò le tette (GQ)

Discocaine: viaggio al termine del nightclubbing (Hot)

Beastie Boys: To The 5 Boroughs (Rumore)

2004: dance is (not) dead? (Rumore)

The Streets: "pensavo di essere noiosissimo, pensavo che nessuno mi capisse"
(Tutto/Rumore)

Golia & Melchiorre: un Bugo, anzi due (Rumore)

Malcolm McLaren: comprereste un'auto usata da quest'uomo? (Hot)

Do you remember the Summer of Love? (Rolling Stone)

PJ Harvey: e alla fine arriva Polly (Jean) (Rumore)

William Gibson: non tutte le predizioni devono per forza avverarsi (Tutto)

The Darkness: old Skool of Rock (Rumore)

Morrissey: un alieno a L.A. (Rolling Stone)

Von Bondies: Detroit, botte & rock'n'roll (Rumore)

Courtney Love: la fidanzata d'America (Rumore)

Coldplay: livin' la vida glamour (Rumore)

Iggy, ti presento Peaches... (Rumore)

Black Rebel Motorcycle Club: belli, neri e ribelli (Rumore)

The Rapture: punk, funk, moda & modelle (Rumore)

The Queer is Dead: trent'anni di rock non-solo-eterosessuale (Rumore)

I Maniaci Dei Dischi: il futuro è un dj a sei mani (Rumore)

La strada di Zwan: Billy Corgan e il tempo ritrovato (Rumore)

"Così Tanto Amore da Dare": in giro per Londra a caccia di Dj Falcon (Rumore)

Massive Attack: 3D, cuore di tenebra (Rumore)

Sigur Ros: "il mondo è più divertente di quel che potresti credere" (Rumore)

The Osbournes: gruppo di famiglia in un inferno (Rumore)

Last Night a DJ Saved My Life: essere dj nel 2002 (Rumore)

Primal Scream: "il problema è che noi non siamo gli Oasis" (Rumore)

David Holmes: una vita per il cinema (Rumore)

My Bloody Valentine: soffice come la neve (ma caldo dentro) (Rumore)

Stuart David: fold your book, child... (Rumore)

Chemical Brothers: è iniziato in Africa-ka-ka-ka... (Rumore)

Money Mark: lo spirito delle persone si infonde nelle macchine (Rumore)

Non solo Anniottanta: il lato oscuro dell'Eighties-revival (Rumore)

Solex: ovvero Beck con le mestruazioni (Rumore)

Starsailor: "purezza" è la parola chiave (Rumore)

Lamb: l'opposto dell'amore non è l'odio, ma la paura (Rumore)

Verdena: paura & disgusto dalle parti di Bergamo (Rumore)

Quando incontri Bjork e poi parenti e amici ti chiedono: "ma com'è lei veramente?" (Rumore)

Copia Icona: Thora Birch e il congelamento di Kate Moss (Rumore)

The rhythm, the traxx, the Basement, the Jaxx... (Rumore)

Radiohead: "odiare la musica è pericoloso" (Rumore)

Damon & Jamie: Gorillaz nella nebbiaz (Rumore)

Tool: i Radiohead del post-metal (Rumore)

Depeche Mode: l'heavy metal dello spazio interiore (Rumore)

Soft Cell: quest'ultima notte a Sodoma (Rumore)

Die Moulinettes: brevi amori a Jesolo e Bibione (Rumore)

Future Pilot AKA: Wild Thing dei Troggs è l'equivalente pop dell'uomo delle caverne (Rumore)

Daft Punk: 0ne m0re t1me? (Rumore)

Kings Of Convenience: un mondo di canzoni ideali (Rumore)

Riot Grrrls 2001: girls just want to have fun? (Rumore)

La Crus & Avion Travel: i nuovi tradizionalisti (Rumore)

Me and Alan McGee: le etichette che hanno fatto la storia, da Rough Trade alla Creation (Rumore)

Giuliano Palma & The Bluebeaters: it's a wonderful, wonderful life (Rumore)

Il giorno che Roni Size mi mandò (quasi) a quel paese (Rumore)

Mtv (de)Generation: vogliono trasformarci in Arancia Meccanica, ma noi siamo più veloci (Rumore)

Belle & Sebastian: "talvolta al mattino mi sveglio e mi sento Andy Warhol" (Rumore)

Yoshinori Sunahara: il non-luogo dell'anima (Rumore)

Londra: 333 italiani
("D" di Repubblica)

Mr.Oizo: l'uomo che muove il pupazzo (Rumore)

Nine Inch Nails (e Marylin Manson): speranza e vaselina (Rumore)

Stupiti & Confusi: apologia (o quasi) di Chloe Sevigny (Rumore)

Mò Wax: non necessariamente trip-hop
(Dance Music Magazine)

Pop Life!: dai Beatles ai Boo Radleys passando per i Sex Pistols (Rockstar)

“Generazione M”: i ragazzi con la spina nel fianco (Rumore)

 

Weblog Commenting by HaloScan.com

Saturday, February 26, 2005

We didn’t call it “blog” at that time/6
Preso un numero di una rivista chiamata Swing (“the magazine about life in your twenties”) per via di un articolo sui cacciatori di trend che una volta letto ha - se non altro - rivelato l’intera categoria in tutta la propria colpevole velleitarietà (andiamo: una ricercatrice che di nome fa Faith Popcorn... e c'è pure chi la paga un sacco di soldi!). Interessante il saggetto sul ritorno dell'herpes come malattia sessuale privilegiata della fine anni Novanta, però. Ed anche uno sulle nuove piattaforme informatiche per elaborare immagini video (Adobe Premiere, bel nome). Presa anche una rivista della comunità cinese in Italia perchè... boh, suppongo perchè costava solo duemila lire, e dava un tocco esotico alla borsa della spesa.
In seconda serata obbligato da complicati intrichi di relazioni lavorative e ragnatele sociali ad andare alla festa per i quarant'anni di E*** D***. E passi per la festa, che era semideserta e popolata di un avvilente assortimento di clown tristi ed “appassionati della musica blues”, ma il posto cazzo, il posto... Il Big Mama è orrido, è una specie di parco a tema della sfiga nel mezzo di Trastevere, e possiede lo stesso coinvolgente fascino di un autogrill nel quale la storia dell’uomo si sia fermata una decina di anni prima della rivoluzione industriale. Intendiamoci: mica che uno pretenda di divertirsi, ma almeno quell'unica volta al mese che si esce rimanere nel ventesimo secolo, cazzo.
E non so bene cosa centri in tutto ciò... ma camminando per andare a prendere la macchina per tornare a casa mi è tornato in mente un saggio che ho letto da qualche parte tempo fa sulla sessualità nei supereroi, e in particolare sul fatto che tecnicamente Superman non può avere rapporti sessuali perchè eiaculando il suo sperma uscirebbe fuori ad una velocità e con una spinta tale (e credo c'entri anche la temperatura) da rischiare di uccidere o comunque ferire seriamente la malcapitata partner. Si potrebbe ovviare con un condom kriptoniano (ma chi è che si candida per tentare il collaudo? Lois Lane?).
(giovedì 26 febbraio 1998)


[c’è qualcosa rileggendo queste righe - non riesco a capire cosa - che sa spaventosamente di preistoria e che fa pure una certa impressione. Eppure sono solo sette anni fa. Forse è il pensiero che il Big Mama è ancora lì.]

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Friday, February 25, 2005

Early Nick Cave in a Larry Levan edit

Visto che il mondo è un posto strano e a volte persino divertente, ieri sera, in un night-club sopra porta Garibaldi sconosciuto anche ai flaneur più intrepidi, i Liars, sì i Liars, hanno suonato ad una sfilata della settimana milanese della moda (non vi si dice di chi era la sfilata perchè - fidatevi - era straccionissima e alla fine nemmeno una “vera” sfilata, di quelle cioè a cui viene invitata Natalia Aspesi, e soprattutto - massimo insulto - non c’era neanche la goodie bag a giustificare qualsivoglia spottino pubblicitario qui o da qualunque altra parte. Non era - ri-fidatevi - nemmeno uno di quei luminosi casi in cui uno stilista emergente innamorato dell’avanguardia noise newyorkese decide di spendere i suoi ultimi mille euro nel biglietto aereo della band perchè convinto che quello è l’unico suono che può adeguatamente accompagnare le sue creazioni. No: qui si era di fronte ad un marchio tutt’altro che underground e ad un ufficio stampa che non aveva la minima idea di chi fossero i Liars, ma ha chiesto consiglio a noto mensile di musica e costume circa un nome che garantisse un elevato gradiente di coooooooolness, e noto mensile di musica e costume ha detto «ok, a quale improbabile gruppo noise che però ci sta simpatico facciamo guadagnare cinquemila euro facili facili?»).
Ciò detto: essendo il pubblico milanese della moda una delle entità più provinciali dell’universo, e spaziando il gusto del pubblico milanese della moda tra vere e proprie roccheforti della provincialità quali Gabin e i Gotan Project, si aspettava con ansia lo scontro al vertice tra suddetto pubblico e il suono come di letto arrugginito su cui un pugile stia facendo allenamento al sacco che caratterizza i Liars. Ma questo quasi non c’è gusto a raccontarvelo perchè è fin troppo facile, come una barzelletta di cui già conoscete il finale. Diciamo invece che vedere Angus Andrew ululare come l’anticristo e al tempo stesso scansarsi educato al passaggio delle imbronciatissime modelle faceva ridere assai. E diciamo anche un’altra cosa: io ho vaghi ricordi di aver letto insulti anche roboanti riguardo le date italiane dei Liars di qualche tempo fa, commenti tipo “che cazzo si credono di aver inventato solo perchè il cantante modula la voce con un rack di effetti”. Boh, magari sarò scemo, vittima della primavera che sta arrivando o semplicemente dell’open bar, ma a me son piaciuti parecchio. Io li ho trovati pazzescamente funky (cosa che dai dischi non viene fuori per nulla) in un loro personalissimo modo trasversale. Lasciate pure perdere la follia di batteria e percussioni che riescono a mettere sù, e quando il tutto prende una direzione sinistramente etno e cantilentante che a me ricorda (ma questo già su disco) un certo gruppo di vecchiazze new-wave, e a pensarci bene forse pure un altro. Il fatto è che sono proprio funky, funky dentro, quasi “disco” per quanto te li senti arrivare nelle gambe. Se Larry Levan rinascesse oggi suonerebbe roba così. E comunque il giochetto di modulare la voce col rack di effetti Angus l’avrà fatto una, massimo due volte.

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Wednesday, February 23, 2005

Vedi cosa succede a non cagarsi (per snobismo, per puro colpevole snobismo) le manifestazioni tipo “premio Ciampi”?

Succede che due anni dopo a una cena ti fanno ascoltare Fabio Viscogliosi, che ha il nome italiano ma è francese, e tu caschi dal pero, e corri a casa e scrivi il nome su Google solo per scoprire che due anni fa - ripeto: due anni fa - anche l’ultima delle fanzine italiane se ne era occupata, di Fabio Viscogliosi (e con ogni probabilità anche il giornale per il quale scrivevi e del quale eri redattore). E, insomma, lo scenario che ti si para davanti non è dei più promettenti: metterti nell’ordine di idee che anche il Premiociampi (per non dire del Premiotenco, alla cui conferenza di presentazione da decenni ti invitano e tu ogni volta adduci scuse fra le più ricercate) può essere foriero di sorprese. Urgh. Nel 2003, chez Premiociampi, FV riceve il riconoscimento “al miglior debutto discografico dell'anno”; prima ancora, con il suo ex-gruppo (The Married Monk) incide un album intitolato Rocky nel quale c’è questa sonnolenta versione di Ancora Tu di Lucio Battisti, che se esistesse un premio “cover d’inverno” lo vincerebbe con valore retroattivo, e che vale perfettamente come introduzione al personaggio nel caso anche voi due anni fa vi siate distratti un attimo. Qui qualche informazione in più; qui un link dove acquistare il disco.

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Sunday, February 20, 2005

New Kids on the Bloc

Non c’entra nulla, ma - a parità di esordi - la sensazione è un po’ quella di quando alcuni milioni di anni fa si ascoltò un album come Boy degli U2. Non si capiva esattamente cosa volesse e dove stesse andando, ma si capiva che ci sarebbe arrivato. Con i londinesi Bloc Party è lo stesso: avverti istantaneamente l’urgenza - convinta, quasi un po’ antipatica - del loro messaggio. Riconosci facilmente le ragioni per cui il disco suona così perfettamente “di oggi” (il rifarsi, forse inconsciamente, forse no, al cosiddetto “funk-punk” dei primi Ottanta). Una dozzina di canzoni metalliche, sincopate, in bianco e nero. Non particolarmente divertenti da ascoltare, ma (super)dotate di un certo carisma.
(da: Rolling Stone, marzo 2005)

Qui un articolo abbastanza esaustivo sulla band uscito oggi sul Guardian, che offre anche alcune riflessioni sull’essere black all’interno di generi musicali non-tradizionalmente-black. Qui invece (grazie a Gigabyte Picnic, in giro il disco ancora non si trova) un intrigante assai remix di Helicopter fabbricato da Whitey, l’uomo che ha le parole “prossimo” e “fenomeno” scritte a caratteri cubitali in fronte, (e vedrete se di qui a poco non ce lo rivendono come la risposta londinese alla DFA).

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Saturday, February 19, 2005

A chi si riferirà quando parla di “salvatori del rock’n’roll”? Per caso ai Libertines? ai Bloc Party? forse ai Green Day?
NME.com segnala una perla contenuta nel programma di sala del prossimo blocco di date del tour americano di Bob Dylan (che inizia il 7 marzo a Seattle). «I know there are groups at the top of the charts that are hailed as the saviours of rock’n’roll and all that, but they are amateurs. They don’t know where the music comes from. I wouldn't even think about playing music if I was born in these times... I’d probably turn to something like mathematics. That would interest me. Architecture would interest me. Something like that.» Certo: farsi dare dell’amateur da uno che ha un programma di sala del proprio tour ed è convinto che la matematica sia il nuovo protest-rock, per certi versi è quasi un complimento... E soprattutto: ma davvero è così difficile invecchiare con serenità?

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Thursday, February 17, 2005

Alla rotativa numero cinque: Gerolamo De Rienzo
«Da questo mese (...) Minimum Fax inaugura i titoli di coda nei libri. Tutte le collane avranno due pagine finali di crediti su tutta la filiera logistica e produttiva del libro. Nell'ordine, titolo, autore, traduzione, revisione della traduzione, impaginazione, editing, correzione delle bozze, progetto grafico e copertina, stampa, promozione, distribuzione. Segue la lista della squadra operativa di minimum fax: i due editori, il direttore della collana di narrativa italiana, il caporedattore, i redattori, la redazione web di minimumfax.com, il direttore commerciale, il suo assistente, la responsabile dell'amministrazione, la sua assistente, il responsabile del magazzino, il responsabile dei corsi, la responsabile della casa di produzione di documentari Minimum Fax Media, le sue due assistenti, e poi gli "occasional crew", party manager, assistente ai computer, consulente di redazione e gli speciali ringraziamenti agli agenti letterari stranieri che hanno collaborato e ad altri personaggi decisivi per la riuscita del progetto. (...) Dietro a un nostro libro c’è la fatica, l'attenzione e la cura di un gruppo di persone, che vanno citate e riconosciute nel loro talento come decisive per la riuscita del progetto e per la vita di una casa editrice.»

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Dead Mac Walking
Il tecnico del mio PowerBook è uno che ha senso dell’umorismo. Dead Mac Walking è il suo commento allo stato di salute del PowerBook medesimo. Se nei giorni prossimi non mi vedete qui, probabilmente è perchè lui (il PowerBook, sempre lui) ha ricominciato a non trovare il disco di avvio. (e pare sia uno di quesi casi in cui il dischetto di restore non può nulla: bisogna fare una Nortonprocedura lunga e complicatissima con dischetti in possesso solo di una ristrettissima casta di iniziati).

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Tuesday, February 15, 2005

«Pink Floyd? si, ne ho sentito parlare»

Adoro la piega di parte che sta prendendo questo blogghetto, per cui pare che al mondo non escano più altri dischi che non siano Daft Punk o LCD Soundsystem... E tanto per rigirare il coltello nella piaga (o nella piega): ieri l’ha messo online Fluxblog, che dio gliene renda merito, e oggi riceviamo e volentieri ritrasmettiamo per l’attenta platea italiana. Mars, Arizona dall’ultimo dei Blues Explosion, nell’inedito (e al momento attuale ancora introvabile) remix dei DFA. Dieci minuti e trentanove secondi che cambieranno faccia al vostro pomeriggio.

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Anche se non si è postato nulla qui mica si è dormito: ad esempio, si è vergata una lunga dettagliata recensione del controverso album dei Daft Punk
Album al quale - nella migliore tradizione di detournement valutativo che informa il qui scrivente - si è comminato il massimo dei voti pur, contestualmente, dilungandosi sulla sua intrinseca superficialità, sull’imbarazzante accrocchio di poco brillanti idee che lo contraddistingue e forse persino sulla malafede dei suoi due autori. In attesa della pubblicazione degli atti, la linea che si è deciso di adottatare nei confronti di Human After All qui sul blogghetto è, alternativamente, «non mi metto a discutere seriamente con due idioti» e «non mi metto a discutere seriamente con due che mi vogliono far passare per idiota» (laddove due si riferisce ovviamente ai due fichetti francesi, e la discussione è, ovviamente, in entrambi i casi puramente metaforica).

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Friday, February 11, 2005

Ok, è un po’ un plugging al blogghetto dell’amico, ma il post dice cose sacrosante
Qui (il permalink funziona un po’ come gli pare, ma c’è) la fedele trascrizione del carteggio di un gruppo di operatori della comunicazione su come nascono i prezzi dei biglietti del tour degli U2.

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Thursday, February 10, 2005

Julian Cope for beginners

Julian Cope è una specie di hippy che appena dopo l’esplosione del punk, a Liverpool, si inventò una band chiamata Teardrop Explodes (nome rubato ad un fumetto di Daredevil, come Frankie Teardrop dei Suicide, ma stranamente l’episodio non è lo stesso) di cui John Peel andò pazzo, e che realizzò un paio di album di garage-pop grezzo ma al tempo stesso assai raffinato. Negli anni Ottanta, in preda ai postumi da consumi industriali di LSD ed altre droghe assortite, incise un paio di album pop stralunati ma brillanti che in Italia, fra i lettori di Rockerilla dell’epoca, furono un piccolo culto. Poi, visto il cronico insuccesso in patria, si ritirò - o almeno così si credeva - a coltivare la propria eccentricità in privato. Ora: quello che qui si è riassunto in sei righe lui lo racconta in circa seicento pagine in un libro che a leggerlo c’è da morire dal ridere, e se conoscete un minimo la storia delle band inglesi di quegli anni vi farà ridere ancor di più. E come se non bastasse oggi pomeriggio Julian Cope lo si è pure incontrato: con quel po’ di curiosità che precede sempre l’incontro, a distanza di anni, con quelli che per un lungo o breve periodo sono stati i propri eroi. E, insomma, lui è curiosamente ieratico, tutt’altro che rincoglionito e tutt’altro che vecchiazza. Ha modi da gentleman fin troppo educati e veste di cuoio in uno stile hippy-cowboy che sembra uscito da qualcuno dei primi libri di William Gibson. Parlarci è come andare sulle giostre: per dimostrarti la straordinaria lucidità della sua memoria (una delle cose che colpiscono leggendo il libro è la quantità di dettagli rievocati per qualunque singolo episodio) comincia a citare le formazioni di oscure formazioni progressive inglesi dei primi anni Settanta, e di fronte all’osservazione che come prova non vale - perchè proabilmente nessuno al mondo a parte lui si ricorda i nomi dei componenti di quelle band - Julian sorride e si offre di accompagnarti in un negozio di dischi da collezione a tua scelta per fare il confronto. E poi ride. Ma non ride da pazzo; ride, verrebbe da dire, da saggio.
Julian Cope è ancora qualche giorno in giro per l’Italia a presentare il libro (e il disco nuovo, Citizen Cain’d, una roba molto garage e molto rumorosa, alla Nuggets), magari fateci un salto. Qui il sito ufficiale di Julian e qui il 7” che comprai a Firenze durante la gita con la scuola (nella stessa occasione in cui, sbancandomi, presi anche il 7” di What Difference Does It Make degli Smiths, la prima versione, quella con Terence Stamp in copertina. Si, mi ci è voluta l’anonima alcolisti per uscire dal tunnel dei 7”). Qui infine la credibile versione di World Shout Your Mouth fatta dai Death Cab For Cutie.

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Wednesday, February 09, 2005

We didn’t call it “blog” at that time/5
L’idea era devolvere il pomeriggio alla causa del film-del-momento-di-cui-tutti-parlano (Titanic), così finalmente anch’io-ne-potrò-parlare. Invece no, perchè come evidente conseguenza del fatto che tutti ne parlano un’ora prima dello spettacolo già non c’erano più biglietti. Così ho lasciato la macchina e ho preso il metrò, e sono andato in quello che per me è da sempre una specie di santuario, il vero Vaticano di Roma (credo addirittura di avere dei ricordi in proposito risalenti a quando avevo cinque anni o forse addirittura meno): l’Eur. Stranamente in tre anni che sto a Roma non ci sono mai stato. Soltanto passato in macchina, un paio di volte.
L’Eur è un posto fantastico e spaventoso. Un posto figlio della space-age, impregnato della modernità come se l'erano immaginata (e di conseguenza ce l'avevano fatta credere) trent'anni fa gli ingegneri e gli architetti del boom. Una generazione cresciuta con le canzoni in cui la luna è la confidente degli innamorati che ad un certo punto assiste, in tivù, allo sbarco dell’uomo sulla luna. Roba che innesca grandi fantasie, grandi speranze che poi è difficile mantenere. E così ecco l’Eur. Un posto che oggi, a trent’anni dalla sua creazione, emana in egual misura sogno e disillusione, speranza e delusione. In quel laghetto triste di fronte al palazzo dell'Eni, nei grattacieli smangiati dall'inquinamento, in quelle favolose strade a tre corsie larghissime, in quei praticelli inclinati come una valletta della felicità, nella sensazione (così poco “italiana”) che tutti i singoli pezzi del tessuto urbano - che a occhio sembrano così vicini - siano in realtà irragiungibili a piedi. In tutto ciò è come se ancora sopravvivesse il sogno ipertecnologico, ma ricondotto al più sordo realismo. Con in più l’amara sensazione che qualcosa sia andato storto. All’Eur ti senti sulla luna anche perchè - a parte la piazza di fronte alla stazione del metrò - ti sembra di essere completamente solo. Tu e qualche tonnellata di vetro. Che in lontananza ti fa immaginare il ronzio del fatturato delle decine di centinaia di Windows ’95 installati dietro le vetrate a specchio dei palazzi dirigenziali, ma una volta che ci sei in mezzo quello che arriva più forte è la puzza di piscio dei razionalissimi cavalcavia, i cocci di vetro ed i fazzolettini sporchi di sangue lungo le scale, la folla di argentini e filippini al McDonald fuori dal metro Fermi, la baracchetta delle t-shirts e degli orologi-patacca il cui sound-system manda una specie di straordinario Max Pezzali yugoslavo.
Fa bene toccare con mano il fallimento dei sogni di cui ci si è nutriti sin da bambini. Aiuta a diventare degli uomini migliori. O forse quello che affascina è vedere come anche i propri ideali estetici siano in realtà deperibili, mortali: come te insomma. Non poi così tanto “ideali”, alla fine.
(Eppure il sogno di vederli dall'alto, quei palazzi di vetro e quei grattacieli; volandoci sopra, di notte, illuminati solo dai neon dei lampioni...)
La conclusione è che ogni problema è quasi sempre un problema di “adattamento”. Per questo i luoghi, le musiche e più in generale le estetiche che provano a ricostruire il futuro così come ce l'eravamo immaginato prima che diventasse presente hanno ancora la capacità di sedurre e tranquillizzare. Perchè alla fine dei conti hanno un messaggio rassicurante da darci: «ehi, hai visto? Dopo tutto c'è ancora un sogno, un futuro nel quale credere, sempre lo stesso di sempre, ma c'è».
(domenica 8 febbraio 1998)


[tanto per riportare tutto nel suo giusto contesto: il 1997/98 era l’epoca in cui gli Stereolab ancora dettavano legge, l’epoca della riflessione sull’exotica e sul mistero di come l’estetica space-age dei nostri padri potesse ancora affascinare anche noi figli. E non ho la minima idea di cosa intendessi quando ho ho scritto che: «ogni problema è quasi sempre un problema di “adattamento”»...]

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Tuesday, February 08, 2005

When Oscar discovered rock’n’roll and Malcolm invented vogueing

Malcolm McLaren racconta la fantastica storia di come nacque il suo album Waltz Darling del 1989: sei mesi passati a Hollywood a spese di uno studio cinematografico, un libro (trovato da un rigattiere a Santa Monica) su un viaggio americano di Oscar Wilde, un pranzo con Martin Scorsese che fuma il sigaro e Bob Dylan che racconta barzellette. È uscita il mese scorso su Dazed & Confused, e per una serie di ragioni lunghe da spiegare mi è arrivata qualche giorno fa in pdf. La storia è bellissima, e lui ne esce un po’ meno cinico e manipolatore di come siamo abituati a pensarlo. Immagino che il testo sia coperto da copyright: leggetelo e poi magari comperate in edicola un numero di D&C per pareggiare i conti.

«I was losing my sense of speech... maybe natural in a town where words are less significant than images.» (Malcolm McLaren)

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Monday, February 07, 2005

Grand Hotel
In un sorprendente guizzo di sagacia che auspichiamo volontaria e non casuale, il New York Times apre il servizio uscito ieri sui Kills con Hotel che parla del suo hotel preferito quando è a NY (per la cronaca: il Chelsea Hotel. Banale, però «I always ask for 103, Edie Sedgwick’s room, but one time someone else was staying in it, so they put me in the Arthus C. Clarke room. It just wasn’t the same.»)

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Friday, February 04, 2005

«All the furniture, is in the garage...»

In homepage sul sito della DFA c’è da qualche giorno lo streaming del video di Daft Punk Is Playing At My House degli LCD Soundsystem, e la cosa bella è che sembra veramente lo spoof di uno dei video fichetti dei due francesi.
Già che siete lì buttate un occhio anche al forum: tanto per capire il tipo di fans che attirano gli LCD. Gente, per intenderci, che lascia commenti tipo: «The Soulwax remix is out-bloody-rageous, but in a good way. It's even more goofy and hilarious than the original (sound effects that correspond with Murphy's rant/cowbell solo drenched in reverb). It's more dynamic too; the song freaks out during the "freak out" the section» (su Daft Punk, appunto). O ancora: «The Soulwax Version is cool, its like the sexy older cousin to the Studio Version....if that means anything to anyone».

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Wednesday, February 02, 2005

I’m five years days ahead of my time
Sono soddisfazioni: sembra che su Repubblica di oggi sia uscita la traduzione del pezzo di Simon Reynolds sulla crisi di mezza età della dance di cui qui si è detto la settimana scorsa... (segnalazione via mail di Cris)
Nel frattempo sul pirotecnico blog di Reynolds imperversa il dibattito: oggi, a parte citare una mezza dozzina di nuovi sottogeneri elettronici la cui speranza di vita arriva a stento fino a domani mattina, Reynolds amplia il ragionamento sui paralleli di “approccio metodologico” tra l’elettronica di oggi ed il rock di metà anni Ottanta. «...what are outfits like Metro Area or Soundmurderer, or auteurs like Maurice Fulton, Michael Mayer, and James Murphy, doing if not something equivalent to sampling-without-a-sampler approach of Jesus and Mary Chain or Spacemen 3? Murphy recreating on a keyboard the synth-riff from Kraftwerk's "Home Computer" for his own "Disco Infiltrator" is almost exactly like Jesus and Mary Chain mimicking the "woos woos" from the Stones' "Sympathy for the Devil" on Darklands.» E ancora: «The wah-wah [pedal] and the 303 are roughly equivalent, here. Both effects might, creatively used, trigger the same kind of intensity of sensation felt in their original heydays.»
(Qui la canzone che ha ispirato il titolo del post)

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Riabilitare Craxi: fatto. Riabilitare Den Harrow: fatto. Riabilitare i paninari: fatto.

Riceviamo e con un misto di fascinazione e raccapriccio pubblichiamo:

Dopo 20 anni “il Paninaro” torna a Milano. Dal 4 febbraio al 27 maggio, tutti i venerdì sera, le strade di Milano saranno di nuovo popolate da “galli”, rigorosamente vestiti con anfibi Timberland e giubbotti Schott, e da “sfittinzie” con Jeans El Carro, T-Shirt Americanino e occhiali Ray-ban. (...) Una lunga notte per rivivivere, rituffarsi, conoscere, le frasi, le abitudini, il cibo e la musica dei PANINARI. In pista, la musica dei Duran Duran, Jimmy Sommerville e degli Spandau Ballet, ma anche quella di Den Harrow, Tom Hooker, i Righeira e molti altri. Sul palco, ospiti a sorpresa della “vecchia guardia” e in consolle Max Cassani (Dj e giornalista dello Specchio (La Stampa) già promotore delle serate Wild Boyz nei migliori locali di Milano e il Dj del Merry Go Round, la discoteca ufficiale dei Paninari, in Via S.Pietro All'Orto a Milano.

Ma la vera “guest-star” sarà il pubblico che animerà le serate “Il Paninaro” con il loro abbigliamento. Rispolverate la vostra divisa ufficiale da Paninaro Doc. Obbligatorio indossare almeno un capo “ufficiale” dei paninari. Un paio di calze Burlington, una felpa Best Company, la cintura El Charro o uno zainetto Invicta (solo quelli a righe!!) saranno il vostro biglietto d’ingresso. Ai Paninari Doc, tutti coloro che si presenteranno con l’abbigliamento completo, sarà riservato l’ingresso al “Privé del Paninaro”. Uno spazio esclusivo realizzato alle spalle della postazione DJ, riservato a chi indosserà il “kit completo del vero Paninaro”: cappellino di lana (o con pon pon), giubbotto Avirex o Henry Lloyd, scarpe Timberland, Jeans Levis 501, guanti di pelle e l’immancabile zainetto Invicta.



Le strade di nuovo popolate, i “galli” rigorosamente vestiti di, il pubblico con il loro abbigliamento, la divisa da rispolverare, i capi che è obbligatorio indossare, lo spazio privé esclusivo, gli anni Novanta (e pure i 2000) che forse non sono mai esistiti.

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