(think fast, fail fast, fix fast)


Yesterday's Papers

(Re)Light My Fire: ce ne frega ancora qualcosa dei Doors? (Hot)

Trentemøller, il Vasco Rossi della techno (Hot)

I ♥ Pet Shop Boys (nonostante tutto...) (Hot)

The Hours: Damien Hirst ha fondato una band (o forse no) (Hot)

SXSW: la volta all'anno che Austin diventa la capitale dell'indie mondiale
(Repubblica XL)

Bob Marley: la leggenda del santo fumatore (Io Donna)

Mile High Punk: ragionare sui Sex Pistols a 10.000 metri d'altezza (Hot)

Lacuna Coil: la cui cantante, nel caso non si fosse capito, è gnocca (Repubblica XL)

Jim Kerr: che voleva dire, esattamente, "nuovo sogno dorato"? (Io Donna)

Coldcut: "È imprevedible quello che succede quando il suono incontra la vita" (Hot)

45giri: il formato che doveva morire (Hot)

Hard-Fi: quelli che Scarlett Johansson non ha mai sentito nominare (Repubblica XL)

Incontrare Ursula Rucker e chiederle: "ma tu scrivi prima la musica o i testi?" (Hot)

Arctic Monkeys: come internet trasformò un cartone animato in realtà  (Repubblica XL)

Tiga: "la prima volta che ti chiedono un remix è come la prima volta che baci una ragazza" (Hot)

Da Brian Eno ai Franz Ferdinand: di che cosa parliamo quando parliamo di "art-rock"? (Hot)

The Strokes: “il CBGB's? che si fotta” (Repubblica XL)

Confessions On a Dancefloor: Madonna e l'ultimo capodanno dell'umanità  (Hot)

Mister Cartoon: il tatuatore più famoso del mondo e il suo ferro da stiro (Hot)

Art Brut: "abbiamo formato una band" (Hot)

Ozzy Osbourne: un vecchio zio nella casa degli orrori (Repubblica XL)

Tracey, Damien e Grayson: sai tenere un Segreto? (Io Donna)

Scuola Furano: fuga dalla scuola media (Hot)

Roisin Murphy: quella sua maglietta stretta (Rolling Stone)

Violante Placido, per gli amici Viola (Io Donna)

Joy Division, the movie: non esattamente Last Days, e nemmeno The Doors (Hot)

30 domande a... WhoMadeWho (Hot)

Allun, Offlaga, Uochi Toki e gli altri: marziani italiani (Repubblica XL)

Devendra, Sufjan, Rufus: le radici in un passato immaginario (Hot)

Sigur Ros: niente più strategia dell'oscurità , o quasi (Repubblica XL)

Arcade Fire: sette musicisti, tre funerali e un matrimonio (Repubblica XL)

C30-C60-C90: il culto del mixtape (Hot)

"Piripiri-piripiri-piripiri-pi": più famosa di Yesterday dei Beatles (Io Donna)

Tosca + The Dining Rooms: due dischi, quattro musicisti e sette bambini (Hot)

E arrivò il giorno in cui i lettori del Corriere conobbero le Coco Rosie... (Io Donna)

Tattoo You: sì, nel 2005 c'è ancora qualcuno che scrive articoli sui tatuaggi (Hot)

Springsteeniani d'Italia: il culto di Bruce (Io Donna)

From Genesis to revelation: la dj-culture scopre il prog? (Hot)

It began in Ibiza: la Summer of Love e tutto il resto (Hot)

A Grottaferrata, a sentire il nuovo album dei Subsonica, mentre loro mi guardano strano (Rolling Stone)

Joss Stone: mind the Gap, please (Io Donna)

Red Bull Music Academy: la scuola per dj più pazza del mondo (Rolling Stone)

Sk8r boi 2005: la musica che gira intorno allo skate (Hot)

Antony & The Johnsons: "volevo essere Isabella Rossellini" (Rolling Stone)

Coldplay/Guns'N'Roses: scusate il ritardo (Io Donna)

World Wide Clubbing: prima viaggiare, poi ballare (Hot)

Moby: "voglio vivere come dentro una tomba"
(Io Donna)

Discoinferno: i dieci anni che cambiarono il clubbing a NY (Rolling Stone)

Belle de Jour: "anal sex is the new black" (Io Donna)

Optimo: i biscotti per cani e il futuro del djing (Hot)

Polyphonic Spree: il meraviglioso mondo di Tim DeLaughter
(Musica di Repubblica)

Mercury Rev: in segreta migrazione (Rumore)

EMA: (mica tanto) European Music Awards (Io Donna)

White Stripes: i Kraftwerk del 2000? (Rolling Stone)

Kasabian: il Gabibbo e Charles Manson
(Musica di Repubblica)

The Cure: la vita è un lungo fascinoso imbrunire
(Rolling Stone)

Miss Violetta Beauregarde: ultra-Violetta! (Rumore)

Franz Ferdinand: il successo è una cosa che succede
(Musica di Repubblica)

Lollapalooza: Woodstock per la Generazione X
(Rolling Stone)

Io tigro, tu tigri, loro Le Tigre... (Rumore)

Duran Duran: Wild Boys vent'anni dopo
(Musica di Repubblica)

Radio Dept.: Radio Free Sweden (Rumore)

Milano-Roma-Barcellona: trans Soulwax express (Rumore)

The Libertines: "vuoi sapere che si prova ad avere nella band un potenziale Sid Vicious?"
(Musica di Repubblica)

Gabrielle Drake: Pink (Moon)base
(Rolling Stone)

Janet Jackson: e Dio creò le tette (GQ)

Discocaine: viaggio al termine del nightclubbing (Hot)

Beastie Boys: To The 5 Boroughs (Rumore)

2004: dance is (not) dead? (Rumore)

The Streets: "pensavo di essere noiosissimo, pensavo che nessuno mi capisse"
(Tutto/Rumore)

Golia & Melchiorre: un Bugo, anzi due (Rumore)

Malcolm McLaren: comprereste un'auto usata da quest'uomo? (Hot)

Do you remember the Summer of Love? (Rolling Stone)

PJ Harvey: e alla fine arriva Polly (Jean) (Rumore)

William Gibson: non tutte le predizioni devono per forza avverarsi (Tutto)

The Darkness: old Skool of Rock (Rumore)

Morrissey: un alieno a L.A. (Rolling Stone)

Von Bondies: Detroit, botte & rock'n'roll (Rumore)

Courtney Love: la fidanzata d'America (Rumore)

Coldplay: livin' la vida glamour (Rumore)

Iggy, ti presento Peaches... (Rumore)

Black Rebel Motorcycle Club: belli, neri e ribelli (Rumore)

The Rapture: punk, funk, moda & modelle (Rumore)

The Queer is Dead: trent'anni di rock non-solo-eterosessuale (Rumore)

I Maniaci Dei Dischi: il futuro è un dj a sei mani (Rumore)

La strada di Zwan: Billy Corgan e il tempo ritrovato (Rumore)

"Così Tanto Amore da Dare": in giro per Londra a caccia di Dj Falcon (Rumore)

Massive Attack: 3D, cuore di tenebra (Rumore)

Sigur Ros: "il mondo è più divertente di quel che potresti credere" (Rumore)

The Osbournes: gruppo di famiglia in un inferno (Rumore)

Last Night a DJ Saved My Life: essere dj nel 2002 (Rumore)

Primal Scream: "il problema è che noi non siamo gli Oasis" (Rumore)

David Holmes: una vita per il cinema (Rumore)

My Bloody Valentine: soffice come la neve (ma caldo dentro) (Rumore)

Stuart David: fold your book, child... (Rumore)

Chemical Brothers: è iniziato in Africa-ka-ka-ka... (Rumore)

Money Mark: lo spirito delle persone si infonde nelle macchine (Rumore)

Non solo Anniottanta: il lato oscuro dell'Eighties-revival (Rumore)

Solex: ovvero Beck con le mestruazioni (Rumore)

Starsailor: "purezza" è la parola chiave (Rumore)

Lamb: l'opposto dell'amore non è l'odio, ma la paura (Rumore)

Verdena: paura & disgusto dalle parti di Bergamo (Rumore)

Quando incontri Bjork e poi parenti e amici ti chiedono: "ma com'è lei veramente?" (Rumore)

Copia Icona: Thora Birch e il congelamento di Kate Moss (Rumore)

The rhythm, the traxx, the Basement, the Jaxx... (Rumore)

Radiohead: "odiare la musica è pericoloso" (Rumore)

Damon & Jamie: Gorillaz nella nebbiaz (Rumore)

Tool: i Radiohead del post-metal (Rumore)

Depeche Mode: l'heavy metal dello spazio interiore (Rumore)

Soft Cell: quest'ultima notte a Sodoma (Rumore)

Die Moulinettes: brevi amori a Jesolo e Bibione (Rumore)

Future Pilot AKA: Wild Thing dei Troggs è l'equivalente pop dell'uomo delle caverne (Rumore)

Daft Punk: 0ne m0re t1me? (Rumore)

Kings Of Convenience: un mondo di canzoni ideali (Rumore)

Riot Grrrls 2001: girls just want to have fun? (Rumore)

La Crus & Avion Travel: i nuovi tradizionalisti (Rumore)

Me and Alan McGee: le etichette che hanno fatto la storia, da Rough Trade alla Creation (Rumore)

Giuliano Palma & The Bluebeaters: it's a wonderful, wonderful life (Rumore)

Il giorno che Roni Size mi mandò (quasi) a quel paese (Rumore)

Mtv (de)Generation: vogliono trasformarci in Arancia Meccanica, ma noi siamo più veloci (Rumore)

Belle & Sebastian: "talvolta al mattino mi sveglio e mi sento Andy Warhol" (Rumore)

Yoshinori Sunahara: il non-luogo dell'anima (Rumore)

Londra: 333 italiani
("D" di Repubblica)

Mr.Oizo: l'uomo che muove il pupazzo (Rumore)

Nine Inch Nails (e Marylin Manson): speranza e vaselina (Rumore)

Stupiti & Confusi: apologia (o quasi) di Chloe Sevigny (Rumore)

Mò Wax: non necessariamente trip-hop
(Dance Music Magazine)

Pop Life!: dai Beatles ai Boo Radleys passando per i Sex Pistols (Rockstar)

“Generazione M”: i ragazzi con la spina nel fianco (Rumore)

 

Weblog Commenting by HaloScan.com

Sunday, October 30, 2005

“And you we can dance, for inspiration” (aka: breve cronaca dall’ascolto del nuovo album di Jacques Lu Cont featuring la Cantante Platinata)
«Aveva ragione il Sun» è una di quelle frasi che mai e poi mai uno penserebbe di pronunciare nella vita. Invece, aveva ragione il Sun. Aveva ragione più o meno su tutto: nell’entusiasmarsi, nello spendere paroloni e soprattutto nel trovare una mezza dozzina di reference points ai limiti del plagio sparsi qua e là per il disco. Che poi, volendo, di reference points se ne trovano ancora di più (gli arpeggi in stile Chime degli Orbital dentro Get Together, I Wanna Be Your Dog degli Stooges in I Love New York, un vago sentore di Blue Monday dei New Order in testa a Let It Will Be Me, svariati blackstrobeismi e bangalterismi in Jump, Ofra Haza campionata dai Coldcut per Isaac, una citazione di I Heard It Through The Grapevine non ricordo dove e di Every Breath You Take in Push).

La base ormai unanimemente riconosciuta da cui partire per interpretare Confessions On a Dancefloor dunque è: si tratta di un disco che utilizza le metodolgie di taglia-e-cuci, di furto con destrezza e di bricolage tecnologico consolidate negli ultimi dieci anni dalla dj-culture (cfr: Ulf Poschardt). In questo senso Confessions è un disco che suona persino epocale, definitivo nel suo chiudere per sempre un’epoca - quella del grande clubbing di massa fine ‘90 - nel momento stesso in cui la celebra.

Fare un disco rock-oriented (come peraltro era circolata voce la scorsa primavera) sarebbe stata - in questo momento - una mossa sicuramente più alla moda, più interessante dal punto di vista semantico, e non è escluso che la Cantante Platinata non ne avrebbe (circondandosi, chessò, dei Death From Above 1979 al posto di Jacques Lu Cont e di Jon Spencer in luogo di Mirwais) tirato fuori qualcosa di sensato. Fare un disco “dance” come questo è un passo indietro in termini di linguaggio, ma molto interessante e sicuramente più azzeccato se pensiamo a come chiude un cerchio tutto “interno” alla vicenda umana ed artistica della Cantante Platinata (che debuttò nella New York a cavallo tra Studio 54 e Paradise Garage grazie ai buoni servigi del fidanzato dell’epoca, un John “Jellybean” Benitez all’epoca voce grossa dei dancefloor newyorkesi), ed a come contiene già, nel proprio DNA, quelle componenti di “nostalgia” che sono - oggi - alla base di qualunque operazione di successo.

(PS: aveva ragione anche il Telegraph)

UPDATE. Popjustice intervista Jacques Lu Cont circa il lavoro con la cantante platinata. Non esattamente il tipo di intervista che passerà alla storia del giornalismo, probabilmente, ma i fan apprezzeranno.

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Friday, October 28, 2005

Così è (se vi Pharrell)
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Non so voi, ma a me più passa il tempo e più Pharrell Williams mi pare una gatta morta. E più passa il tempo e più trovo tracce di paraculaggine in quel che fa (e paraculaggine is not a crime, beninteso, però neanche una bella cosa). E più passa il tempo e più per quanto mi riguarda il suo posizionamento nel grande Atlante Geografico della Vita si sposta da “James Murphy” a “Moby”. Ieri mattina, in una ex-balera operaia riconvertita a Buddha Bar (non sto scherzando) dalle parti di Porta Romana, si è ascoltato il disco nuovo. In My Mind. Francamente non ho capito, dopo un-ascolto-uno, da che accidenti di parte stia andando Pharrell. A seconda dei momenti il suono si impantana nel peggiore r'n'b da fichetti oppure si libera dentro piccoli microscopici dettagli di texture che paiono interessanti ancorchè senza guizzi degni di nota. E l’ossatura non si capisce (o meglio: io non ho capito) dove vada a parare.

Comunque: il momento più divertente è stato scoprire da uno dei convenuti (uno il cui nome fa rima con “nadir”) che il cognome di Sister Bliss dei Faithless è una roba tipo “Predolin”, “Bragadin”, insomma una roba che apre interessanti fronti di discussione circa ipotetiche paternità nel bassanese o nel vicentino. Il momento meno divertente è stato l’arrivo di Pharrell. L’uomo che - ricordiamocelo - si è trombato la figlia di Mick Jagger ed ha ricevuto da Esquire il premio come “uomo meglio vestito del mondo”, e questo per limitarsi agli ultimi sei mesi, quest’uomo, dicevo, è arrivato ieri mattina vestendo una felpa verde pisello che mancavano solo i salami e poteva avergliela disegnata Jacovitti (in compenso c’erano fragole, melanzane e amebe, la meno appariscente delle quali era di tre diverse sfumature di viola acido). «Signor Pharrell, io la scorsa estate mi sono sentito un pezzente perché mi sono comprato due camicie uguali da H&M (a mia discolpa: avevano un taglio che mi stava miracolosamente bene), ma adesso che ho visto la sua felpa credo di poter aspirare almeno ad un terzo o quarto posto come uomo meglio vestito del mondo. Lei che ne dice?». Si, sarebbe stato bello avergliela fatta la domanda, però invece no. Sarebbe stato bellissimo anche perchè lui la mena tantissimo sul fatto di “avere una missione” e altre robe para-scientologiche simili, e dirgli «anch’io ho una missione, dirti che nonostante Esquire ti vesti da schifo» sarebbe stato un interessante anti-climax. (Nota tecnica: la felpa l’ha disegnata lui. Come pure la t-shirt con un gelato a forma di faccia degli Sgorbions con gli occhi che gli schizzano fuori. Il mese prossimo a Tokyo inaugura il suo negozio “Ice Cream & BBC”).

Sul finale una cosa gentile perché non sembri che ce la si ha su con lui: le sneakers che aveva ai piedi erano notevolmente belle.

Nel pomeriggio, in sede diversa dalla balera operaia riconvertita a Buddha Bar, si è ascoltato anche il disco nuovo di Madonna il disco nuovo di Jacques Lu Cont nel quale ogni tanto c’è la voce petulante di una che ricorda vagamente quella cantante newyorkese platinata che andava di moda nei primi Ottanta. Maggiori dettagli stasera o domani.

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Wednesday, October 26, 2005

Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per la Conoscenza
Ho appena corretto un’imprecisione (secondo me abbastanza grave, poi ovviamente tutto è relativo) sulla pagina di Wikipedia dedicata a Jacques Lu Cont.

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«Ma se tu eri The Cappuccino Kid, allora Mick Talbot era The Cornetto Kid, no?»
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In occasione del tour italiano che inizia stasera, su XL online la cronaca della chiacchierata con Paul Weller di cui si diede anticipazione qui sul blogghetto la scorsa estate.

Nel frattempo, cercando tutt’altro mi sono imbattuto nel sito personale di Paolo Hewitt - giornalista di musica, costume, e massimo esperto di cultura mod (recuperate se vi capita il suo Mods: l’anima e lo stile uscito nel 2002 per Arcana). In homepage trovate i link a diverse interviste (in diversi periodi storici) con Paul Weller, oltre a una - fantastica - con il padre-manager di Paul, John Weller, in occasione del suo settantesimo compleanno il 28 novembre 2001.


UPDATE. Nonostante «no, al concerto non ci vado, figurati. Anzi, vado all’uscita, che mi salgono la Silvia e il Gil da Genova e vado giusto a salutare loro», e quindi arrivare gli ultimi venti minuti, vedere solo il bis, e quindi trovarsi di fronte a Shout To The Top e A Town Called Malice, che non è che te le fossi dimenticate - figurarsi - ma un po’ come se, e - certo - la vita resta mediamente la merda di sempre, però quelle due canzoni lì sono un bel regalo, inaspettato come tutti i bei regali. Grazie Paul. We-are-mod, we-are-mod, we-are-we-are-we-are-mod.

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Tuesday, October 25, 2005

I say a little prayer for him
Pare, se ho capito bene, che domani sera a B-Side Alessio Bertallot ospiti Burt Bacharach. O meglio, lo sottoponga al trattamento cui vengono sottoposti gli ospiti stranieri a B-Side: l’ascolto forzato di dischi italiani con obbligo di commento a caldo. A Burt pare gli toccheranno, fra gli altri, i Casino Royale e Francesco De Gregori. Secondo me tutto ciò è sublime, e solo perché siamo un paese del terzo mondo questo non è ancora diventato un format televisivo da 47% di share.

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«I normally find people draw the line at Pragha Khan, though»
Dal forum di Erol Alkan (che in materia di “gente con così tanto tempo libero da poterne spendere persino per disquisire circa la forma delle “f” sull’etichetta del remix dei Franz Ferdinand” rimane una delle mie letture favorite in assoluto) un primo interessante - anche perchè “dal basso” - tentativo di ragionare sul rientrare dalla finestra, dopo essere stati cacciati dalla porta, dei suoni “da rave”.

E per la rubrica “l’angolo del tamarro che è in noi”: un’oretta fa Albertino ha suonato una roba fatta da un ascoltatore con i Black Eyed Peas sopra Get’s Nocht che spaccava assai. Poi è toccato ascoltarsi mezza discografia di Alva Noto per purificarsi, però spaccava assai.

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Saturday, October 22, 2005

All we have is the nowness of now
All we have is the nowness of now.

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Teenage Hate Club
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Ameitinégfanclebnonsonomaipiaciuti. Ecco, l’ho detto. Però anziché sussurrarlo ieri sera per un attimo ho pensato di gridarlo a voce alta. Magari sarebbe finito come alle riunioni degli alcolisti anonimi: una volta “catalizzato” il problema (o il comportamento deviante) qualcun altro si sarebbe alzato e avrebbe detto «però, in effetti, anch’io». Oppure mi avrebbero cacciato con ignomignia e interdetto l’accesso al Rainbow per i prossimi tre anni. Ora però non cercate di convincermi. Lo so benissimo che è un problema mio. Non riempitemi i commenti qui sotto di «ma qui, ma là, ma almeno Hang On, ma almeno Neil Jung» perchè lo so, lo so perfettamente quello che valgono, non sono mica scemo, e vorrei foste dentro la mia testa per capire quanto abbia sempre silenziosamente, solitariamente, devastantemente sofferto a causa della consapevolezza di non aver amato le loro canzoni quanto all’epoca amai - per dire - This Is How It Feels degli Inspiral Carpets.

Insomma, ieri sera ci sono andato soprattutto per mettermi alla prova, per vedere se - butta caso - gli anni trascorsi, la maturità, i gusti che si affinano e blah blah blah non mi avessero per caso riavvicinato ai quattro scozzesi. Macchè. In mezzo a quel conciliabolo di vecchiazze da platea ognuna ripetente il proprio murphyano I was there («I was there when Bandwagonesque was released the first time round», «I was there when they played Glastonbury») io rimanevo l’unico che there c’era pure stato, ai tempi, ma allora come adesso sarebbe tanto voluto essere altrove. Pure loro, comunque: son passati cent’anni e sembrano sempre, eternamente un gruppo “sul punto di”: sul punto di diventare qualcuno, sul punto di imboccare una qualsiasi direzione, sul punto di scrivere una canzone che io riesca a ricordarmi dopo averla finita di sentitre. Invece tutto rimane eterna promessa: appena una canzone rischia di prendere una direzione, fosse anche solo un assolo un po’ più di spessore, un accenno di muretto del suono, loro - brrr, che spavento! - si ritirano in buon ordine con un imbarazzato sorriso stampato in faccia.

A me è questo che fa impazzire: perché di gruppi che del loro essere leggerini hanno fatto la propria cifra stilistica ne ho pieno lo scaffale degli ellepì (basti come salvacondotto l’intera discografia della éL Records). Ma qui siamo oltre la leggerezza. Siamo proprio da un'altra parte, e questo è un format diabolico: il jingle-jangle come difesa dal mettersi in gioco, dalle proprie stesse ambizioni, dalle responsabilità adulte. (PS: i pezzi colla tastierina non sono male, comunque...)



OFF TOPIC. Domenica sera - cioè domani - con i soliti Roccaforte e de Gennaro tra le 23 e le 02 si mettono i dischi ai Magazzini Generali di Milano. È una sorta di festa privata “allargata”. Se siete pubblicitari milanesi probabilmente avete già l’invito. Se invece non siete pubblicitari milanesi ma ci tenete a provare l’inebriante esperienza di vedere i pubblicitari milanesi che si divertono, lasciate nome e in quanti siete nei commenti qui sotto o alla posta del blogghetto, e noi vi si mette in lista.

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Thursday, October 20, 2005

What the world needs now (is a decent pair of shirts)
Della conversione f*word-compatibile e anti-Bush di Burt Bacharach leggerete con dovizia di dettagli domani su tutti i giornali del regno. Temo però che l’urgenza della notizia farà passare in secondo piano il fatto che mr.elegantone si è presentato, oggi, alla conferenza stampa in: 1) pantaloni della tuta da ginnastica bleu con tre bande verticali gialle. 2) giubbetto bleu da gestore di ferramenta in zona periferica del Connecticut. 3) t-shirtina azzurra che, una volta sfilato il giubbetto di cui al punto due, rivelava disegni fantasy tipo un dragone con la testa di scheletro. Una roba che persino l’ultimo dei figuranti in un film di Tarantino non vorrebbe nemmeno come pigiamino.

La cosa davvero inquietante sta però in un altro fatto: e cioè che questo è esattamente lo stesso “completo” che mr.elegantone sfoggia sulla copertina del nuovo album At This Time. E la cosa, capite bene, getta una scura ombra su un sacco di cose. Sullo stato del guardaroba di casa Bacharach innanzitutto (che fine ha fatto lo stile bachelor-pad?!? vabbè che ora se la tira da best buddy di Dr.Dre, ma, cazzo, ci sono cose che un bianco multimilionario di settantasette anni non può fare, CAZZO!); sulla signora Bacharach, se una ne esiste, che evidentemente non è capace di pronunciare con sufficiente autorevolezza le parole «non penserai di andare alla conferenza stampa vestito così?»; sul fatto che questa potrebbe - sigh - essere una strategia di marketing di qualche cervellone della Sony/Bmg americana, una cosa del tipo: «ehi, ai ragazzi piacciono quelli del wrestling, quelli del wrestling vestono tutti un costume. Ehi, se facciamo vestire un costume a Burt Bacharach magari sfondiamo sul mercato dei giovani!».

Comunque: incontrare Burt Bacharach una-volta-una nella vita, e vederlo vestito come un padrone di ferramenta. Bah.


UPDATE. Mi sento un po’ come Marcel Duchamp nei quadri di Blake (vd. due post più sotto). Dopo Burt Bacharach, ieri sera ho stretto la mano anche a quello degli Chic che non è ancora morto (Nile Rodgers, ma giuro che mentre gli stringevo la mano non mi ricordavo quale fosse quello morto - al quale evidentemente non stavo stringendo la mano - e quale quello vivo - al quale probabilmente la stavo stringendo). Lo show degli Chic - attualmente una sorta di tribute-band di sé stessi - è talmente obeso e parruccone da essere irresistibile. Un momento di pura televisione brasiliana. Poi dopo, tanto per non farsi mancare nulla, sono anche andato a vedere gli ultimi tre pezzi del concerto degli Yuppie Flu. E mi hanno detto solo oggi che volendo c’era pure un’altra festa in cui suonava Richard Dorfmeister. Ad averlo saputo (e ad aver avuto l’invito, soprattutto) sarei andato a stringere la mano anche a lui.

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Wednesday, October 19, 2005

«Non c’è niente di insopportabile come quei post allusivi che non capisci se non clicchi sul link»
Oggi. Dalle 16.00 alle 18.00. Il mio dj electro preferito al mondo.

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Che novembre non vi colga impreparati
Ho appena spedito a Hot un pezzo sugli Scuola Furano in cui mi dilungo per circa mille caratteri su quanto essi sono belli da vedere, per altri mille sulla sottile differenza che passa tra “nerd” e “geek” (e sulla netta superiorità estetica e morale di quest’ultimo), e per ulteriori mille dipingendo un tentatively divertente parallelo fra “tronista” e Tron. Quando a un certo punto mi è presa la mano e ho cominciato a scrivere robe tipo che gli SF sarebbero «la celebrazione poetica del dominio della mente sulla materia», per fortuna avevo finito le battute a disposizione.

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Tuesday, October 18, 2005

In viaggio con Marcel



La ragione precisa mi sfugge, ma trovo assai tenero e per certi versi persino toccante questo ciclo di tele di Peter Blake intitolato Marcel Duchamp’s World Tour - in mostra a partire da domani alla Waddington Gallery di Londra - in cui Blake (noto al mondo soprattutto per essere l’autore della copertina di Sgt.Pepper’s dei Beatles, ma anche di Stanley Road di Paul Weller) ipotizza un Marcel Duchamp ancora vivo e nel pieno delle forze che incontra vari personaggi della cultura “pop” contemporanea tra cui Tracey Emin, le Spice Girls, Tarzan, Damien Hirst e Elvis Presley. «The idea was to say thank-you to Marcel, because every artist owes him a great debt. So I thought I’d take him on this fantasy whirlwind tour to meet some interesting people» dice lo stesso Blake sul numero di Dazed & Confused attualmente in edicola (quello con i Franz Ferdinand in copertina). Il dipinto riprodotto qui sopra è “Marcel Duchamp plays chess with Tracey Emin”.

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Sunday, October 16, 2005

Io è un pezzo che lo dico che le mie sono interviste esplosive, ma voi no, sempre a ripetermi “sei solo un cazzo di giornalista musicale”

Gli agenti antiterrorismo di Heathrow, loro invece si che mi capiscono. Ieri sera non mi volevano più far andare via. O meglio, non volevano più far andare via il registratore con cui faccio le interviste. Che è lo stesso da esattamente diciannove anni, quando le interviste le facevo per una piccola radio privata genovese con il nome pieno di consonanti tronche. Un walkman Sony senza nessun optional (solo una rotellina per rallentare/accellerare lo scorrimento del nastro in modalità play, utilissima quando intervisti gente che parla con la ghiaia in bocca, tipo The Streets per dire il primo che mi viene in mente). Probabilmente il modello è stato derubricato quest’anno dai manuali dell’antiterrorismo britannico, perché sono - appunto - diciannove anni che ci vado gioiosamente in giro per gli aeroporti di tutta Europa e nessuno ha mai avuto nulla da ridire. Ieri sera invece nemmeno mi ero ancora rimesso la giacca dopo aver superato il detector dell’ingresso ai gates che già notavo un poco amichevole brulichio di agenti attorno al mio bagaglio a mano (bagaglio a mano il cui unico crimine è tutt'al più di natura estetica, e rilevabile giusto da un interlocutore capace di distinguere tra la dispatch-bag del Sònar 2004 e quella del 2005: la mia, sigh, è del 2004).

«Le dispiace se apriamo la sua borsa?» ha detto una gentile signora col giubbotto di kevlar che peraltro già stava cacciando le mani in mezzo ai quindici pounds di riviste appena acquistati da WH Smith. «Lei è benvenuta» ho detto in modalità Altavista Babelfish, cercando di immaginare cosa potesse mancare ancora per rendere la mia breve permanenza londinese più infelice di quanto già non avessero provveduto a fare le ultime trentasei ore. E, insomma, quando - dopo aver estratto NME, GQ UK, The Wire, Mixmag, Psycologies, Soccer Mothers e la copia dell’Independent comprata perché c’era il dvd di Wings Of Desire in omaggio - la signora in kevlar e i suoi colleghi hanno arraffato il Sony Walkman, io ancora credevo, per la seconda volta, di essere al massimo imputabile di crimini estetici («lei gira con quest’affare nell’epoca del iPod Nano? le dispiace seguirci di là?»). Poi, quando hanno preso il walkman con delle pinze tipo bastoncini da ristorante giapponese è hanno cominciato a passargli sopra una specie di piccolo panno elettrostatico, e poi hanno messo il panno dentro una specie di forno a microonde dalla luce violacea, ho improvvisamente capito.

Ho capito, ed ho visto il mio destino come fosse un remake di Fuga di mezzanotte per la regia di Michele Placido. Ho capito ed ho cominciato a chiedermi se «unknown to the occurrence» fosse una babelfish-traduzione sufficientemente accurata di ciò che stavo per dichiararmi, e se per tornare ad essere un uomo libero sarebbe bastato a spiegare agli agenti dell’antidroga di Heathrow che le tracce di _________________ (aggiungere nome di una qualsiasi droga, o anche combinazione di più d’una) rilevate sul mio registratore erano sicuramente dovute al fatto che il giorno prima ci avevo intervistato per un’ora un anziano rocker famoso per i suoi eccessi, e mentre parlavamo lui più di una volta l’ha preso in mano e ci ha urlato dentro «does this thing really work?!?». Poi ho pensato al suo avvocato - uno di qualche studio californiano di quelli con otto cognomi - contro il mio (un solo cognome, da terrone come quello del suo assistito). E quel che è forse peggio mi sono visto nella seconda serata di Canale 5 mentre pronunciavo le parole: «si, Enrico, lo so che ti sembrerà incredibile, ma nel rock, specie negli anni Settanta, il consumo di droghe era un fatto quotidiano. Hai presente Lucy In The Sky With Diamonds dei Beatles? Beh, pensa che c’è chi dice che il titolo del pezzo volesse richiamare le iniziali di LSD».

Poi la signora in kevlar è ritornata, tutta giuliva e sorridente, e sempre tenendo il mio walkman come fosse un nigiri lo ha fatto scivolare - con un allegro plonk - dentro il mio bagaglio a mano dicendomi «è tutto a posto, signore, era solo un controllo». E io di rimando, millantando l’aria di sufficienza di uno che solo per un errore del banco accettazione ha in tasca un biglietto euro traveller e non Club Euro First: «se non contrasta con le regole di sicurezza di questo aeroporto Le posso chiedere di che tipo di controllo si è trattato?». «Oh nulla» ha risposto lei: «ad una prima lettura ci risultavano tracce infinitesimali di esplosivo».
Ecco appunto, vedi titolo.
«Dirotta su Linate, capitano, o sbobino l’intervista qui davanti a tutti».

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Wednesday, October 12, 2005

Come diceva mia nonna (buonanima), «chi more il mondo lasa, chi vive se la spasa»
A poco meno di un anno dalla sua prematura dipartita, la BBC ha deciso che domani è il John Peel Day. La BBC medesima - oltre a una serie di special radiofonici che vi si invita caldamente ad ascoltare in rete o via satellite - sta coordinando attraverso il proprio sito tutte le feste e serate in memoria organizzate in Uk. Nel nostro piccolo noi (noi nel senso di Luca de Gennaro, Franz Roccaforte e il gestore del qui presente blogghetto) domani sera si è organizzata una cosuccia al Goganga di via Cadolini 39 a Milano. Pare ne abbia parlato pure la BBC, da qualche parte nel sito. Ingresso libero, apertura porte alle 22. Ci saranno anche delle live-jam improvvisate di cui non ho capito molto, ma mi fido.

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Sunday, October 09, 2005

«He talks like an Open University presenter»



Ero seriamente convinto che il nuovo di Gravenhurst, Fires In Distant Buildings, fosse a tutti gli effetti il disco più noioso nella storia del mondo - per tacer della copertina, che per trovarne una più menagrama bisogna risalire a certi gruppi EBM svizzeri metà anni Ottanta che è bello aver scordato - finchè non sono arrivato alle canzoni 6 e 7 (rispettivamente Cities Beneath The Sea e Songs From Under The Arches) e, contestualmente, non mi sono imbattuto in questa intervista con l’autore.


UPDATE: pazzesco, è un blogspotter pure lui... Nick, should you get here following your referrers, please note that tracks on this blog are lo-fi mono quality mp3s, offered for a limited time and intended for evaluation purposes only etc etc etc (full disclaimer is on the right column). Songs 6 and 7 off you new album are cool, anyway... ;-))

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Saturday, October 08, 2005

La cultura orale è il P2P del futuro (aka: “BMG-Sony can sue my shorts”)
Questa notte, in un momento imprecisato tra la mezzanotte e le tre, all’interno dello show di Sergio Messina su Play Radio, la prima esecuzione live del ritornello di Ask Me Anything degli Strokes di cui un paio di post più sotto.

(poi si parla anche di Devandra Banhart come “maschio selvatico nel senso dell'archetipo junghiano”, ma mi rendo conto che è meno interessante)

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Friday, October 07, 2005

La classe, pur se turistica, non è acqua
In quanto entusiasta sostenitore della pratica denominata «i cento euro risparmiati me li sputtano in dischi appena messo piede a Soho», tutte le (numerose) volte negli ultimi anni in cui sono andato a Londra pagando io il biglietto ho sempre volato Ryan Air. Scopro soltanto oggi, quindi, che prenotando online il biglietto con British al rilascio dei dati si apre fra le altre una tendina con una interessante e decisamente esaustiva (ancorchè vagamente fantozziana, manca solo gran.figl.putt) multiple option riguardo al proprio titolo: Mr / Mrs / Miss / Ms / Dr / Sir / Lord / Dame / Lady / Prof / Capt / Rev.
Non ho resistito: mi sono qualificato come “Rev”. Mi sembrava molto blues explosion, e al limite - visto che la giacca nera già ce l’ho di default - metto un collarino bianco giusto per il tempo del check in.

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Thursday, October 06, 2005

Nuove frontiere della pirateria discografica
Il giornalista che va a sentire il nuovo disco degli Strokes (ricordate? newyorkesi, carini, molto di moda un paio di anni fa), viene perquisito per evitare che possa registrare alcunchè, firma il consueto foglio di carta con il quale si impegna a non rivelare a chicchessia blah blah blah prima della data concordata, ma gli rimane impresso un motivetto - quello del ritornello di Ask Me Anything - ne trascrive le parole (il foglio non parlava di embargo sul contenuto dei testi) e, giacchè il foglio non menzionava alcun divieto riferito al «canticchiare i pezzi», ve lo canta qui sul blogghetto.

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Monday, October 03, 2005

La parola d'ordine dell'autunno
È una sola: Zdarlight



UPDATE: «giovedì sera stavo mettendo i dischi prima di Laurent Garnier e ad un certo punto mi sento battere sulla spalle. Mi giro ed è Garnier che mi chiede “cos’è sto pezzo?”, ed era... esatto, Zdarlight! Gli spiego che sono Digitalism, che il pezzo sta sulla compilation della Kitsuné, e non so perché ma a quel punto lui sembra perdere interesse» (il sempre santissimo Giorgio Valletta, sabato sera via telefono).

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Sunday, October 02, 2005

«...you wanna make, a Yaz record»
Se ancora qualcuno coltivasse dubbi circa la perfetta sovrapponibilità di 1985 e 2005, parli adesso o taccia per sempre. Il nuovo singolo di Tiga, You Gonna Want Me, E’ a tutti gli effetti il nuovo singolo degli Yazoo (o Yaz come li chiamavano negli USA per questioni di copyright). Ascoltarsi soprattutto il remix di Jesper Dahlback (qui: dovete attraversare un paio di noiose schermate filosofiche non-skippabili, e poi cliccare su Audio Streams. C’è anche il remix di Isoleé, ma mi sembra noioso).

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