Iggy, ti presento Peaches...
 

di: Fabio De Luca




Talvolta capita che le cose siano un bel po’ diverse da come uno se le aspetta. Ad esempio: per stavolta pare che non servirà scendere in trincea. Peaches è un agnellino che non intende minimamente inchiodare l’intervistatore al proprio destino di (nell’ordine): maschio, bianco, giornalista "rock", intellettuale, potenziale formulatore di domande circa il ruolo dell’intervistata in un music-biz dominato da valori maschili, scocciatore autorizzato al proprio ruolo di scocciatore unicamente dal fatto che esista una piano-marketing per vendere i dischi ed il piano marketing preveda le chiacchiere con l’intervistatore di cui sopra. Peaches veleggia leggera sulle domande come un fazzolettino fresco di bucato in un giorno di vento. E anzichè discutere di tutte quelle cose che il suo nuovo disco Fatherfucker fa venire in mente - ad esempio come pensa di venderlo, con quel titolo, alla suburbia sorridente dei centri commerciali Usa - ride un sacco e fa le vocine tipo doppiatrice dei Simpson. E intanto ti racconta di come il giorno in cui doveva registrare il duetto con Iggy Pop si sia svegliata praticamente senza voce perchè la sera prima aveva fatto tardi a due o tre party, e di come Iggy (che ovviamente potrebbe andare a qualunque party del mondo e avere ancora la voce di sempre) l’abbia presa in giro ma alla fine le abbia detto "la tua voce va bene anche così". Storie di questo tipo.

In realtà sarebbe interessante riuscire a farle spiegare come accidenti si rapporti - lei - con gli stereotipi che inevitabilmente saltano fuori ogni volta che si parla di Peaches. Performer aggressiva, rrragazza arrrabbiata, anti-Madonna, Madonna del rock alternativo, disintegratrice di uomini scelti a caso tra il pubblico, rovesciatrice di ruoli, sex-symbol non depilato, "versione femminile di Iggy Pop" (quest’ultimo veramente regalato, dopo la recente amicizia ed il mutuo scambio di presenze nei rispettivi dischi dei due). In un articolo di qualche tempo fa (forse era su Q), Peaches dichiarava che una altissima percentuale tra la popolazione maschile che ai suoi concerti le urla contro le peggio cose una volta rientrata tra le quattro mura domestiche non resiste alla tentazione di estrarre il pisellino fuori dai boxer e farsi una pippa pensando a lei. Anche al di là della curiosità verso i percorsi statistici grazie ai quali Peaches è arrivata alla conclusione (legge nel pensiero? dopo la pippa i maschi le hanno inviato una mail di ringraziamento?) è evidente che atteggiamenti come questo contribuiscano a creare uno stereotipo attorno al personaggio. "Peaches? Oh certo, quella che usa la propria sessualità come una clava". E allo stesso tempo non sfugge - a nessuno - la sottigliezza che invece distingue Peaches da, per dire, una Skin qualsiasi. Altra cosa interessante: come per Skin, anche la musica di Peaches si basa sul pastiche sistematico di stereotipi e input minimamente rielaborati (hip-hop delle origini, Suicide, glam-rock, R’n’B "intelligente") che però nel suo caso, una volta riassemblati, stranamente "funzionano", e anche bene. Siamo di fronte ad un paradosso che val la pena di indagare, magari partendo dallo stereotipo più stereotipo di tutti, quello che la vorrebbe alle prese con una costante guerriglia di stile e di parole con... con chi, a proposito? con il mondo? con i media? con chi si occupa di lei?

Ad ascoltare i dischi ed a guardarti quando sei in scena, sembra sempre che tu stia combattendo contro qualcosa o qualcuno. Quindi la domanda è: contro chi o cosa stai combattendo?

Non c’è nessun nemico. Non direi proprio che la mia musica abbia a che fare con il combattere: ha invece a che fare con il celebrare, questo si! Celebrare il potere della femminilità e della libertà, ad esempio. Per ogni donna che sale sul palcoscenico ci sarà sempre qualcuno giù in platea pronto a gridare "ehi, bella, muovi le tette, muovi il culo!". Beh, io sono quella che sale sul palco e grida a quel tipo "ehi, bello, muovi il tuo cazzo!". Non è femminismo, è semplicemente libertà, energia, è rock’n’roll. e’ divertimento.

Sai le risate che si faranno le catene della grande distribuzione Usa quando leggeranno il titolo del disco...

Non è una provocazione fine a sé stessa. E’ la stessa ragione per cui un verso come I’m your lovertits valeva come risposta a I’m your hootchie-cootchie man, ad esempio. Il vocabolario accetta ormai come di uso comune - per quanto offensiva e scurrile - una parola come "motherfucker"? Ok, ma motherfucker è una parola con una sua precisa identità sessuale, che guarda caso viene usata indifferentemente tanto per gli uomini che per le donne. Secondo me questo non ha senso. Se un uomo è un "moterfucker", allora una donna può scegliere di essere una "fatherfucker". Quello che voglio fare è rivoltare lo stereotipo: motherfucker? Ok, FATHERFUCKER!

Questa è una presa di posizione intellettuale!

No! Perchè non mi interessa spiegare o giustificare la scelta di un titolo come quello. La mia non è un’opinione, non l’ho raggiunta dopo studi o ragionamenti o disorsi. E’ una risposta istintiva, non è mediata dall’intelletto! Quello che mi interessa che esca fuori è il senso di libertà che viene dal salire su un palco e urlare "FATHERFUCKER!", il divertimento... Ciò che vedi sulla scena sono io che mi sfogo, non una lezione universitaria.

Ovviamente sei consapevole del fatto che - invece - il mondo della cultura ti studia come uno strano fenomeno linguistico, che il dipartimento universitario di gender studies della tua città natale (Toronto) ha inserito le tue liriche tra i propri testi di studio.

E’ ok, ma non è il mio lavoro, è il loro. E’ divertente: l’idea che siano persone che passano ore a ragionare su ciò che faccio e riempiono libri interi cercando di spiegarlo. A me sfortunatamente tutto ciò viene naturale, infatti ciascuno di noi fa il suo lavoro: io creo, loro ragionano. Del resto c’è chi ha provato a intelletualizzare anche i Sex Pistols. C’era questo libro, Lipstick Traces, che cercava di spiegare come i Sex Pistols si fossero ispirati al Situazionismo...

Il problema è che Malcom McLaren conosceva bene il Situazionismo, ed era perfettamente consapevole che quello che stava facendo aveva le sue radici nel Situazionsmo...

Ok, Malcom McLaren lo sapeva, ma John Lydon no! Gli altri non sapevano nulla di Situazionismo...


Intanto, oggi Peaches indossa una T-shirt decisamente vintage di Pat Benatar. Quindi, anche a volersi tenere lontani dall’altro stereotipo (Peaches = "ultimo anello di una lunga catena di artiste femminili consapevoli del loro ruolo"), c’è comunque questa T-shirt, come c’è quel campionamento di Joan Jett ("I don’t give a damn ’bout my reputation!") giusto in apertura del disco. Pat Benatar, per la cronaca, era quella che ad un certo punto degli anni Ottanta cantava una canzone intitolata Sex as a Weapon, e dunque il parallelo con Peaches è praticamente già bello che tracciato. Anche se, puntualizza Peaches, "ciò che Pat Benatar cantava era stop using sex as a weapon, smettetela di usare il sesso come un’arma: quello che canto io è esattamente il contrario... Molti odiavano Pat Benatar perchè ha preso tutto ciò che di buono c’era in Patti Smith, Joan Jett e Blondie e lo ha trasformato in qualcosa di completamente commerciale. Ma aveva una gran voce, ed era forte! Era anche intelligente: ho sentito delle interviste con lei, e dimostrava sempre molta consapevolezza circail suo ruolo. Preferisco di gran lunga una come Pat Benatar a... non so, Lydia Lunch. Musicalmente Pat Benatar è mille volte meglio. Mi piace l’"idea" di Lydia Lunch, ma quando si tratta di prendere un disco dallo scaffale per ascoltarlo la scelta sarà sempre su Pat Benatar".

Sempre meglio che l’R’n’B oggi così di moda, comunque. "Odio l’R’n’B" dice Peaches, "il modo in cui cantano mi fa venire in mente gli assoli di chitarra di certo rock anni Settanta. Mi piace Ooops! di Tweet, le batterie sono straordinarie: ma è hip-hop, non è R’n’B. Mi piace il modo in cui i produttori hop-hop più all’avanguardia sono riusciti a creare un suono nuovo ed a farlo accettare al mainstream. Sento di avere molto in comune con l’hip-hop". Nei suoni? In effetti certi momenti di Fatherfucker, in perfetto equilibrio tra leggerezza e pesantezza, fanno proprio venire in mente una forma ridotta all’osso di hip-hop... "Si, hip-hop minimale... Ma ciò che mi affascina è come l’hip-hop riesca ad essere vendibile anche quando titoli e testi cadono nella rete della censura. Io voglio essere così, come Ol’Dirty Bastard quando intitolava il suo primo disco Nigga Please". Nel frattempo, nella sua personale corsa di avvicinamento al mainstream, Peaches non si è fatta problemi a rispedire al mittente una proposta di collaborazione con Britney Spears. "Non mi va di parlarne, perchè non voglio sembrare snob. Non mi sembrava una proposta interessante, tutto qui. Non ho problemi con il mainstream: in un certo senso sento di farne parte. Ad esempio ho collaborato con Pink. Lei è realmente una fan di Peaches: mi ha mandato una mail, "ehi, ho scritto una canzone che è perfetta per te. Ascoltala, se non ti piace puoi dirmelo chiaramente. Non c’è problema: continuerò ad essere una tua fan". Ha funzionato. Il prossimo anno sul palco degli Mtv Video Award ci saremo io e Pink: e faremo qualcosa di più cool che non semplicemente baciarci!".

Ok, e Iggy? "Ci siamo conosciuti a Los Angeles. Lui suonava nello stesso teatro dove io avevo suonato la sera prima. L’ho cercato nei camerini, gli ho dato il mio disco e gli ho detto di venirmi a sentire a Miami. Incredibilmente lui è venuto! Mi ha detto: "ehi, il tuo album è forte: posso avere il tuo numero di telefono?" Gli ho risposto: "certo, e io posso avere il tuo?". E guarda un po’ qui...". Ooooooh di meraviglia: sul telefonino di Peaches c’è veramente un numero archiviato come "Iggy". "...Ma tanto lui non risponde mai. Però mi ha chiamato. Mi ha detto: "ehi, ho preso la tua canzone Rockshow e voglio metterla sul mio album. Anzi, sai cos’ho fatto? Ho preso direttamente il pezzo dal disco e ci ho cantato sopra! Adesso è un duetto: per te è ok se la metto sul mio album?". Io gli ho risposto: "Siiií, e, uhm, sai cosa? Ehm, anch’io sto facendo un disco nuovo: vuoi esserci sopra anche tu?", e lui ha detto che andava benissimo, che voleva che io scrivessi una canzone e poi che gliela mandassi, e l’avremmo cantata insieme. "Perchè non la scriviamo insieme la canzone?" gli ho chiesto e lui ha risposto "perchè mi fido di te"!". E se la telefonata anzichè da Iggy fosse arrivata - mettiamo - da Madonna? "Madonna mi piaceva, ma sono sempre stata dell’idea che Cindy Lauper fosse molto più cool. Ma vuoi sapere chi è davvero la migliore di tutte? E’ una sola: Chrissie Hynde dei Pretenders!".

(da: Rumore, ottobre 2003)