Yoshinori Sunahara: il non-luogo dell’anima
 

di: Fabio De Luca

Non è più semplicemente "exotica" o ricostruzione di emozioni sonore legate al modernariato, anche se dal lounge sicuramente trae ispirazione. Nemmeno è nu-elettronica, anche se è indubbia la matrice. Di certo non è ambient, anche se muove dall’idea di musica "legata agli spazi in cui si abita". Quello che Yoshinori Sunahara sta elaborando da qualche anno a questa parte è in effetti un concentrato molto personale di filodiffusione da coffee-table ed exotica come potrebbe averla ricostruita un assiduo frequentatore dei negozietti di dischi di Shibuya. Dopo aver progettato insieme ad un team di architetti suoi fans un avveniristico ed in teoria perfettamente funzionante nuovo aeroporto di Tokyo (che era l’oggetto del precedente album Take Off And Landing), eccolo alle prese con un nuovo disco di morbide riflessioni swing riunite sotto la bandiera della Pan Am®. Una mania incomprensibile?


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So che sei un collezionista di oggettistica collegata alla compagnia aerea Pan Am®, e adesso a Pan Am® hai addirittura intitolato il tuo nuovo album. Da cosa deriva questa preferenza, e perchè proprio Pan Am® e non un’altra linea aerea?

Hanno sempre avuto una visione piuttosto... "visionaria" della vita, per essere una grossa corporation. Ad esempio sono stati i primi a concepire un velivolo in grado di trasportare più di quattrocento passeggeri, ed i primi e per quello che ne so anche gli unici a istituire un servizio di prenotazioni per viaggi sulla luna... Quindi per me il marchio Pan Am® rappresenta qualcosa che ha a che fare con l’idealismo e la capacità di immaginare, oltre che con l’estetica del loro marchio e dei loro gadget.

Aeroplani ed aeroporti sono temi ricorrenti nei tuoi dischi. E posti come gli aeroporti, le stazioni ferroviarie e gli shopping-malls sono indicati da molti sociologi e filosofi contemporanei come esempi di "non luoghi", ovvero luoghi dove si trascorre gran parte della propria esistenza pur essendo luoghi "di transito" e non di vita...

Sono perfettamente d’accordo, ed alla lista aggiungerei anche i padiglioni espositivi. Penso che molto abbia a che fare con il rapporto tra naturale ed innaturale: stiamo parlando di luoghi la cui funzione è cercare di indurre delle sensazioni ben definite, quindi di luoghi che funzionano come delle forme di entertainment, e che come tali non possono che essere innaturali, anche se cercheranno fino in fondo di ricreare un’atmosfera di naturalità e rilassatezza, ad esempio con l’arredamente, le piante, l’uso dell’acqua e dei colori. Questo loro confondere naturalità ed innaturalità e ciò che mi affascina.

La tua credo si possa definire una sorta di "poesia degli aeroporti": ma questo vuol dire che nella tua visione è impossibile ipotizzare ad esempio una "poesia della casa"?

Tutt’altro. Gli aeroporti sono una scusa per evocare sensazioni che vanno oltre i luoghi fisici di cui mi servo per evocarle. L’aeroporto funziona come simbolo perchè evoca in ciascuno delle sensazioni personali, e la mia intenzione registrando un disco è appunto quella di lasciare sufficiente spazio a chi ascolta per poter usare la propria immaginazione, per respirare. Per un gruppo punk il messaggio sarà quello che dicono le parole della canzone e non potrà essere nessun altro, devi prenderle per quelle che sono. Nel mio caso invece chi ascolta è invitato a sviluppare le sue proprie immagini.

In realtà stavo pensando ad una canzone pop di cui tu hai registrato una versione in un tuo vecchio disco, Clouds Across The Moon della Rah Band: guarda caso anche lì c’era il tema della partenza, del viaggio interplanetario e della separazione da casa...

Oh, quando ho scelto di rifare quella canzone non ho pensato particolarmente al senso che potesse avere: era una bella canzone che in Giappone nessuno conosceva mentre in Europa era un grosso successo. Che fosse coerente con i miei lavori lo scopro adesso, ma forse era implicito nel fatto che di quella canzone mi piacesse la musica e l’atmosfera. Solo non ci ho mai pensato, tutto qui...

(da: Rumore, gennaio 2000)