C30-C60-C90: il culto sotterraneo del mixtape
 

di: Fabio De Luca




Due anni fa, su queste stesse pagine, si scrisse un pezzo sul perchè la "compilation" - ma soprattutto la nozione stessa di compilation - fosse diventata così rilevante nelle nostre vite e nel mercato discografico. Si parlò della natura sentimentale delle "cassettine" fatte in casa (con la loro brava copertina scritta a mano), dello storico passaggio dalla cassetta alla compilation bruciata su cd; si citò inevitabilmente Nick Hornby e si concluse che anche tra le compilation in commercio le migliori fossero, alla fine, quelle nelle quali era rintracciabile una qualche componente "emotiva". Che a due anni di distanza si ritorni sull’argomento non è poi così strano. Qualcosa è successo, di rivoluzionario, in questi due anni. Due cose in paricolare: una è una piccola ma significativa trasformazione del gusto; l’altro è invece un sostanziale cambiamento tecnologico al quale già si accennò ai tempi, ma del quale soltanto ora riusciamo a cogliere le molteplici implicazioni. La trasformazione del gusto riguarda l’ormai ben noto e generalizzato calo di interesse nei confronti della musica genericamente "dance" (anche se forse sarebbe più giusto definirlo una "perdita di primato", visto che la scena nel suo complesso è in ridimensionamento, ma non esattamente in crisi), con conseguente calo di interesse anche verso le compilation mixate, che della musica dance sono stati negli ultimi anni il veicolo discografico naturale. Il cambiamento tecnologico è invece, ovviamente, quello che riguarda le piattaforme portatili per l’ascolto degli mp3. In una parola: l’iPod.

Questo è ovviamente il passaggio più interessante: con la loro sfida alle leggi dello spazio, con il loro permettere a ciascuno di portarsi dietro più o meno tutta la propria collezione di dischi, iPod e affini è come se realizzasero ogni giorno le potenzialità di tale collezione in termini di quelli che un tempo si chiamavano mixtape, cioè le compilation autoprodotte su nastro. La natura dinamica e strettamente legata al concept stesso di playlist/compilation è stata del resto parte integrante delle procedure di marketing dell’iPod e del suo successo di pubblico: l’iPod - sembra essere il messaggio implicito - non è fatto per ascoltare un album intero dall’inizio alla fine, ma per assemblare infinite possibili compilation, disegnando di volta in volta una propria playlist oppure impostando la famosa modalità shuffle (ovvero "casuale", che chi la usa spesso sostiene non essere poi così random, ma rispondere invece ad una oscura ma apprezzabile logica di accostamento tra le tracce e i generi). Qui la continuità ed anche la radicale differenza rispetto alle vecchie cassette ed alle compilation su cassetta: il principio di "disegnare una playlist" è lo stesso, diversa la tecnica e l’abilità richiesta (ed anche la durevolezza nel tempo: una cassettina la creavi per regalarla, perchè dicesse qualcosa a qualcuno anche a distanza di mesi, di anni: una playlist la azzeri con un dito, e nella maggior parte dei casi non lascerà traccia di sé). James Murphy degli LCD Soundsystem, uno dichiaratamente molto legato a modalità assai "retrò" di consumo della musica, intervistato all’inizio dell’estate dal quotidiano inglese The Guardian dichiarava ad esempio che "dei mixtape amavo soprattutto che tu dovessi decidere in anticipo, prima di uscire, che musica avresti avuto voglia di ascoltare. Il fatto che con l’iPod uno possa portarsi dietro l’intera propria collezione di dischi mi sembra una stronzata".

Eppure se un elemento ha segnato - sotterraneamente ma profondamente - il dibattito sul ruolo dell’iPod nel contemporaneo consumo della musica è stato proprio l’assurgere a definitivo status di culto delle vecchie compilation su cassetta. In America è da poco uscito un libro di grande bellezza - Mix Tape: The Art of Cassette Culture - che oltre a meravigliose e commoventi immagini di vecchie cassette e relative copertine realizzate a mano, contiene una lunga introduzione al tema firmata da Thurston Moore dei Sonic Youth e interventi di diversi rappresentanti della scena indie-rock e non solo. "Nel futuro, quando gli scienziati sociali studieranno il fenomeno del mixtape, concluderanno che quella rappresentata dalle "cassette" era una particolare forma di linguaggio sviluppata nel tardo Ventesimo Secolo, successivamente rimpiazzata dalla playlist" scrive ad esempio Dean Wareham dei Luna. Eppure proprio l’iPod potrebbe finire col recuperare quel senso "enciclopedico" che si è perso, con gli anni, e che a detta di tutti (Thurston Moore incluso) appartenenva profondamente all’epopea della cassetta: il fatto di essere lì di fronte a tutti i proprio dischi, pochi o tanti che fossero, e decidere in parte per istinto e in parte per calcolo quale fosse la sequenza perfetta per riempire due facciate da trenta minuti l’una, in maniera tale da intrattenere ed al tempo stesso comunicare la propria conoscenza musicale. Senza contare che le nuove tecnologie consentono nuovi allora impensabili veicoli di scambio e di cross-pollination. Migliaia di blog e siti di appassionati in giro per il mondo hanno ormai sposato la causa del "podcasting" - che detto così sembra chissà che, ma che in soldoni non è altro che scaricare da internet dei blocchetti di mp3 da ascoltare sul proprio computer o sull’iPod (da cui "podcasting"), blocchetti che possono ad esempio essere dei frammenti di trasmissioni radiofoniche home-made, dei piccoli assemblaggi di tracce scelte o dei veri e propri dj-set. Evidentemente internet e la rete dei blog permettono ciò che ai tempi delle cassette era impossibile: far conoscere la propria "cassetta" a tutto il resto del mondo, o fargliela addirittura ascoltare. Non sarà sentimentale come ai vecchi tempi, quando una cassetta spesso la si assemblava pensando ad una sola e specifica persona, in genere con intenzioni romantiche e seduttive (da antologia la scena nella versione cinematografica di Alta Fedeltà di Hornby, quando John Cusack viene messo in croce dalla fidanzata per aver osato fare un mixtape per un’altra ragazza...). Ma alla fine non è nemmeno detto. Le possibilità sono, anche qui, poco meno che infinite.



3 COMPILATION "VERE":
1) ST.ETIENNE, The Trip
: un vero atto di amore ed una finestra sul mondo interiore di chi ha compilato, cioè esattamente quello che una compilation dovrebbe essere sempre. Dagli eroi inglesi del pop "alla francese", una raccolta di oscurissime perle Seventies-disco-soul spalmate su due cd che non vi faranno dormire la notte.

2) PET SHOP BOYS, Back To Mine: una folle somma di pop, italo-disco, minimal-techno e musica classica esattamente come te la aspetteresti da loro, ma se possibile ancora di più...

3) CHICKEN LIPS, Clicks, Acid ’n’Disco: il titolo già dice tutto, la quadratura del triangolo minimal-acid-disco condotta con la classe e lo stile delicatamente retrò per cui i Chicken Lips sono famosi. Ad un certo punto sbuca fuori pure il classico 80s Moscow Disco dei Telex.


3 COMPILATION SCARICABILI IN RETE:
1) www.ourdisco.com
: "And Did We Mention Our Disco?" è il club londinese più interessante degli ultimi tempi: la sua politica è di chiedere ai dj di suonare quello che non suonano da altre parti... e qui trovate una valanga di registrazioni live (incluso il geniale Erol Alkan) che lo dimostrano.

2) www.beatsinspace.net: Beats In Space è il mix-show settimanale di Tim Sweeney (dj ufficiale della DFA) su WNYU di New York, disponibile in podcasting. Eclettismo newyorkese formattato - se possibile - con rigore teutonico...

3) http://2manydjs.free.fr: se amate lo stile ibrido e fracassone dei due fratelli belgi chiamati 2Many DJs qui impazzirete, perchè ci sono i link a praticamente QUALUNQUE remix, mash-up o dj-set i due abbiano mai fatto in vita loro...


(da: Hot, agosto 2005)