Come dire tutto e il contrario di tutto sul conto di Moby e risultare comunque sempre credibili (forse)
Dice Mobi alla competente platea oggi riunita all’ora del desinare nel raffinato ristorante design poco lontano da Porta Romana: «la rivoluzione elettronica sta portando a concentrare tutta l’attenzione sulle singole canzoni, quando invece è l’album il veicolo attraverso il quale un artista può sperare di generare delle “visioni” in chi ascolta». La competente platea ha appena terminato di desinare ascoltando, nel frattempo, la più recente Visione del Mobi (così recente che il Mondo non la conosce ancora: la conoscerà il prossimo 11 marzo). La competente platea, che d’ora in avanti chiameremo “competente platea di commensali”, è chi più chi meno abbastanza concorde sul fatto che le gambe sotto al tavolo e un fumante piatto di zuppa di farro davanti al naso (menù vegano in omaggio al Mobi) è forse l’unica condizione in cui una persona può umanamente accettare l’idea di ascoltare da cima a fondo una Visione del Mobi. Le Visioni del Mobi hanno, da qualche anno a questa parte, la caratteristica di essere composte di: un Pezzo Riuscito, che in genere evoca in maggiore o minore misura una versione plastificata del fantasma di David Bowie periodo berlinese; un numero imprecisato e in genere variabile da otto a nove di Canzoni Inutili che riprendono indistinguibilmente la medesima unica blanda intuizione melodica del Pezzo Riuscito di tre visioni fa; una Mortifera Ballad il cui nome si commenta da sé e una Cagata Di Pezzo, in genere strumentale, dove il Mobi collega insieme tutte le tastiere che ha in casa e riesce a far rimpiangere (ma rimpiangere colle lacrime agli occhi) persino la fase metà anni Ottanta degli Alan Parson’s Project. Nel nuovo album Hotel la Cagata Di Pezzo è strategicamente posta in apertura, come intro, così uno si toglie il pensiero. Certo: che la rivoluzione elettronica paventata dal Mobi possa impedirci - in futuro - di poter prendere visione della sua Visione è un pensiero che fa quasi passare l’appetito. Per fortuna che ce lo ha detto dopopranzo.
E a proposito di dopopranzo. Ben in là nel dopopranzo, diciamo verso le ore diciotto, è invece successa la solita cosa in seguito alla quale le righe che avete appena letto verrebbe quasi voglia di non averle scritte. Si è incontrato Moby: per mezz’ora, on behalf del Molto Diffuso Supplemento Femminile. E come la volta scorsa tre anni fa Moby è stato un conversatore divertente e tutt’altro che privo d’arguzia (l’esatto contrario dei suoi dischi insomma). Si può dissentire con lui per mille ragioni, si può essere indisposti dal suo semplificare, talvolta, discorsi che di tutto meno che di semplificazioni avrebbero bisogno (tipo la questione droghe, e pure la fastidiosamente snob e stereotipata - per quanto condivisibile - critica all’America «che ha dimostrato di non meritarsi una persona intelligente come Kerry, e si affida invece ad un ex-culturista austriaco»). Da vicino però, quando forse non si sente compresso nel suo ruolo pubblico di Persona che Parla alle Masse, Moby lascia trasparire anche una assai graziosa (aka naif) e molto rarefatta forma d’ironia e di autoironia che è più - sembrerebbe - di una semplice posa. In un celebre elzeviro di alcuni anni fa Sergio Messina si divertì ad accusare Moby di essere l’epitome del paraculo. Io, pur non faticando a riconoscere nei suoi dischi radicate tracce di paraculaggine (ma forse pigrizia più ancora che paraculaggine), e pur inquietandomi la sua totale completa assenza di glamour (laddove con glamour qui si intenda l’accettazione del proprio ruolo pubblico di “star” senza doverne per forza prendere le distanze ad ogni parola), ciononostante, per quel che ho visto nelle due mezze ore in cui ci ho avuto a che fare nell’arco degli ultimi tre anni, difendo la buona fede del soggetto, e sono convinto che ad averci modo e tempo ci si potrebbe pure scoprire amici. Esagero: tornando verso la metró Porta Romana, stasera, fantasticavo su quanto potrebbero trovare reciproci motivi per piacersi - e i discorsi pure sensati che ne verrebbero fuori - se una sera lui e Sergio Messina si dovessero trovare, chessò, alla Pergola.
Ciò detto, il disco è una roba talmente pomposamente noiosa che al confronto Anastacia sembra i Crass.
[Qui il pezzo dei New Order di cui Mobi offre una soporifera versione nel nuovo album] |
DISCLAIMER: please note that trax
here are low-fi mono quality files
(very light, so it won't take you a
lifetime to stream them if you run
on 56k) offered for a limited time
and for evaluation purposes only.
Visitors are highly encouraged to
support the artists they like buying
cds and vinyl. If you own rights on
one of the tracks up here and you
don't like the idea of your work being
displayed this way, please just drop
a line by mail and it will be removed.