Vado al Maximo Quante volte avete sentito pronunciare la frase «mi hanno fatto l’effetto di quando ho ascoltato per la prima volta gli Smiths»? Tante, lo so. Talmente tante che una volta di più non vi potrà fare granchè male, immagino. [disclaimer: in genere chi vi dice suddetta frase la dice sottointendendo che la propria e soltanto la propria esperienza di ascolto primigenio degli Smiths sia stata così intensa e significativa da poter costituire pietra di paragone attendibile per i secoli a venire, e che dunque lui e lui solo sia in grado di ravvisare la qualità smithsiana latente nel tal gruppo, mentre chiunque altro abbia mai pensato di ravvisarcela altrove era manifestamente in malafede o vittima di incompetenza professionale. Figurarsi se io faccio eccezione, potendomi fra l’altro avvalere del bonus-vecchiazza per cui I was there quando gli Smiths pubblicavano i loro primi sette pollici, il che notoriamente vale doppio]. Dunque: l’altra mattina sento il nuovo singolo dei Maximo Park, Apply Some Pressure. Avevo a dire il vero già sentito anche il precedente The Coast Is Always Changing, e per una felice coincidenza li avevo pure visti dal vivo a Londra lo scorso dicembre (ricavandone la certezza - riportata anche al diretto interessato - che il cantante somigli al noto attore-feticcio di Rohmer e Lelouch, Fabrice Luchini, e l’impressione - non riportata al diretto interessato - che «son bravi, ma smettessero di cercare d’essere i Pulp con dieci anni di ritardo»). Insomma, l’altra mattina: e la rivelazione non è neanche tanto la canzone principale, quanto la (metaforica) facciata B, Fear Of Falling, che [«mi hanno fatto l’effetto di quando ho ascoltato per la prima volta gli Smiths»] ha il suono come di ragazzino che viene di corsa giù per le scale di un palazzo per raggiungere gli amici che giocano in cortile, la voce che ora pare totalmente per i fatti suoi come fosse al telefono con qualcun altro e un attimo dopo sembra rivolgersi direttamente a te, quei tre secondi del break a metà che sembrano l’analogo break in Space Oddity di Bowie, e soprattutto quel meraviglioso ponte di chitarra marriana pochi istanti prima della fine. Trovo questo pezzo assolutamente perfetto nel suo genere. E, si, mi ha fatto l’effetto di quando ho ascoltato per la prima volta gli Smiths. (che il Dio dei titoli dei post abbia pietà) |
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